Bruxelles – Il Lussemburgo deve recuperare 120 milioni di euro di tasse dal colosso francese dell’energia Engie, al quale il Paese ha concesso aiuti di Stati illegali per un decennio, ha fatto sapere la Commissione europea il 20 giugno.
Al termine di un indagine ad hoc, l’esecutivo comunitario ha dichiarato che il piccolo Stato, ripetutamente accusato in passato di essere una sorta di paradiso fiscale, ha deviato da quanto previsto dal diritto nazionale per abbassare le tasse all’ex monopolista francese del gas naturale, noto, all’epoca, come Gdf Suez.
Gli aiuti concessi alla compagnia hanno fatto si che “il 99% dei suoi profitti in Lussemburgo non fossero tassati” e questo “è illegale nell’Ue” perché non vi è ragione per la quale Engie non “dovrebbe pagare le tasse come tutte le altre aziende”, ha detto la commissaria per la Concorrenza Margrethe Vestager.
I regolamenti fiscali lussemburghesi, ha spiegato Vestager, hanno “sostenuto due complesse strutture di finanziamento messe in atto da Engie, che trattano la stessa transazione in modo incoerente, sia come debito che come capitale”. Tale sistema, ha aggiunto Vestager, ha “ridotto artificialmente il carico fiscale della compagnia”, che “ha pagato un’effettiva aliquota dell’imposta sulle società pari allo 0,3% su alcuni utili in Lussemburgo”.
Nel 2008 e nel 2010, rispettivamente, Engie aveva messo in piedi due complicati meccanismi di finanziamento intergruppo per due compagnie facenti parte del colosso, Engie LNG Supply e Engie Treasury Management, che prevedevano dei sistemi di transazioni “triangolari” con altre due controllate Engie con sede in Lussemburgo.
Il governo del Lussemburgo ha rigettato le accuse, obiettando che “Engie è stata tassata in conformità alle leggi sulle tasse vigenti all’epoca” e che non vi sono stati trattamenti selettivi. Il Paese ha anche dichiarato che i risultati dell’indagine “non corrispondono più allo spirito attuale del quadro fiscale nazionale e internazionale”, da quando, a gennaio dello scorso anno, esso ha messo in atto riforme dei regimi fiscali dei quali godono le compagnie, in risposta alla crescente pressione da parte dell’Ue.
Il caso è l’ultimo di una serie di indagini dell’Ue che, negli ultimi anni e soprattutto dopo l’emergere di scandali come il cosiddetto LuxLeaks, sta cercando di impedire ad alcuni Paesi membri – tra i quali figurano anche Paesi Bassi e Irlanda – di concedere ad alcune società selezionate un vantaggio fiscale sleale rispetto ad altri.