Bruxelles – Il 19 giugno, alla vigilia della giornata mondiale dei Rifugiati, il parlamento ungherese ha approvato una serie di leggi e riforme costituzionali, avversate dall’Ue e dalle organizzazioni per i diritti umani, che tra l’altro colpiscono qualsiasi individuo o gruppo che presti aiuto a un immigrato ‘illegale’ intenzionato a richiedere asilo.
Una delle previsioni – la cosiddetta “Stop Soros” – limita fortemente la capacità delle Ong di agire a supporto dei richiedenti asilo, dal momento che prevede un aumento delle tasse per i gruppi che supportano l’immigrazione e pene detentive per coloro che aiutino i migranti a rimanere in territorio ungherese.
Nel corso della giornata, i parlamentari di Budapest hanno anche approvato un emendamento costituzionale che afferma che una “popolazione straniera” non può stabilirsi nel Paese.
Il primo ministro ungherese Viktor Orban, rieletto da una larghissima maggioranza lo scorso aprile grazie al suo programma anti-migranti, è anche il numero uno del partito Fidesz che in parlamento detiene i due terzi dei seggi.
Nel corso della campagna elettorale, Orban si è anche scagliato con forza contro il miliardario filantropo di origine ungherese – e naturalizzato statunitense – George Soros e le Ong da lui sostenute, che aiutavano i migranti in Ungheria.
Orban, che è alla testa del capofila, tra i Paesi di Visegrad, a rifiutare le quote dei migranti, ritiene che Soros abbia incoraggiato l’immigrazione di massa per indebolire l’Ue.
Gulas Gergely, ministro di Orban, ha detto che la soluzione per la migrazione dovrebbe essere quella di meglio proteggere i confini europei. “Gli hotspot di ricezione devono essere stabiliti al di fuori dell’Ue”, ha affermato. “L’Europa dovrebbe essere in grado di difendere le sue frontiere terrestri e marittime”.
Venerdì il Consiglio d’Europa, che insieme all’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa ha definito la legge come “arbitraria”, prenderà posizione sulla legalità della stessa, nonostante il governo ungherese abbia fatto sapere di non avere intenzione di attendere quello che l’istituzione umanitaria di Strasburgo ha da dire.