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    Home » Politica » No aumenti Iva e dialogo con l’Ue sui conti, il Parlamento dà la linea economica all’esecutivo

    No aumenti Iva e dialogo con l’Ue sui conti, il Parlamento dà la linea economica all’esecutivo

    La maggioranza M5s-Lega approva la mozione sul Def: il governo deve negoziare "regole di bilancio più flessibili". Il ministro Tria rassicura Ue e mercati: "Dobbiamo ridurre il debito pubblico"

    Domenico Giovinazzo</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@giopicheco" target="_blank">@giopicheco</a> di Domenico Giovinazzo @giopicheco
    19 Giugno 2018
    in Politica

    Roma – Disattivare l’aumento dell’Iva e delle accise sui carburanti – le cosiddette clausole di salvaguardia che scatterebbero in automatico dal primo gennaio prossimo – e battersi nelle sedi europee per un “cambio di paradigma” economico, con l’obbiettivo di “ottenere regole di bilancio più flessibili e spazi maggiori per le spese produttive”. Sono i principali impegni che la maggioranza M5s-Lega impone all’esecutivo con l’approvazione delle mozioni sul documento di economia e finanza 2018.

    Il Def, varato dall’esecutivo precedente non più legittimato da una maggioranza parlamentare, riportava un quadro previsionale neutrale, senza cioè prevedere alcun intervento normativo. La mozione approvata in Parlamento – il via libera è già arrivato alla Camera con 330 sì, mentre al Senato è questione di qualche ora in più – dà quindi il primo indirizzo ufficiale all’esecutivo, impegnandolo tra le altre cose a “riconsiderare in tempi brevi il quadro di finanza pubblica, nel rispetto degli impegni europei per quanto riguarda i saldi di bilancio del triennio 2019-2021”. In altre parole si chiede di rinviare il pareggio di bilancio attualmente previsto per il 2020.

    Il relatore della mozione alla Camera, il pentastellato Federico D’Incà, ricorda poi che il testo impegna l’esecutivo a individuare le misure economiche necessarie per realizzare gli impegni programmatici annunciati dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte: “Lotta alla povertà, il sostegno ai redditi più bassi e il superamento della legge Fornero sulle pensioni”. Per la maggioranza, afferma D’Incà, è “prioritario il superamento della logica contenuta nel ‘fiscal compact’, la cui integrazione all’interno dei Trattati europei è da scongiurarsi assolutamente”, come per altro stabilito in una mozione approvata nella passata legislatura.

    Nella mozione vi è poi l’impegno a elaborare il Programma di stabilità e il Programma nazionale di riforme, due elementi che, per ovvi motivi di avvicendamento, lo scorso esecutivo non aveva inviato a Bruxelles. Il governo attuale, promette il ministro dell’Economia Giovanni Tria, li trasmetterà a settembre, insieme con la nota di variazione al Def che conterrà finalmente la cornice entro la quale l’esecutivo intende muoversi per la stesura della Legge di bilancio per il 2019.

    Il ministro, nella sua replica prima del voto in Aula, ha riservato una particolare attenzione a rassicurare i partner europei e i mercati sulla tenuta dei conti pubblici. In particolare ha rimarcato l’importanza della riduzione del debito pubblico, “una evoluzione che è bene non mettere a repentaglio”, e che rappresenta una “condizione necessaria per mantenere la fiducia dei mercati, imprescindibile per le finanze pubbliche e per risparmi degli italiani”. Il ministro diventa ancor più esplicito quando indica che “dobbiamo ridurre il debito e soprattutto evitare di crearne di nuovo per spesa corrente”. Far calare gli impegni finanziari verso i creditori farebbe calare i tassi di interesse che il Tesoro è costretto a riconoscere per riuscire a vendere i propri titoli di Stato, ricorda il titolare di via XX Settembre. Un aspetto che diventa ancor più cruciale alla luce della fine del ‘quantitative easing’, il programma di acquisti che la Bce riterrà concluso a fine anno.

    Tria parla poi di “svolta decisiva per tutta l’Unione europea” se finalmente sarà adottata la ‘golden rule’, la regola che l’Italia chiede da tempo di istituire e che prevede lo scomputo degli investimenti dal calcolo del deficit. Anche il ministro, come i suoi predecessori tornerà a battere su questo tasto, con la convinzione che sia “una svolta ormai matura”. Le resistenze tra i partner europei contro la proposta sono tuttavia ancora molte.

    Tags: bilanciodebito pubblicoDefdeficiteconomiaFederico D’Incàfiscal compactflessibilitàgiovanni triaspesa pubblicaue

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