Bruxelles – Sono responsabili dell’aumento del tumore al testicolo e al rene, dell’Alzheimer, della colite ulcerosa, malattie tiroidee e ipertensione e, in Veneto occidentale come in altre parti del mondo, le si ritrova dappertutto, nell’aria, nel cibo e soprattutto nell’acqua potabile.
Sono i composti chimici perfluoroalchiliche (Pfas) che, dagli anni ’50, vengono ampiamente usati dall’industria – per esempio per i cartoni della pizza, le padelle, le giacche e persino delicati presidi medici come gli stent – grazie alla capacità che hanno di rendere i prodotti impermeabili, ma che si ritrovano anche, in concentrazioni elevate, nel sangue degli abitanti locali.
Eppure, ha spiegato l’eurodeputato della sinistra Gue/Ngl Curzio Maltese – che il 19 giugno ha accolto al Parlamento europeo un gruppo di attivisti veneti ‘No Pfas’ in vista della discussione di una nuova Direttiva Ue sull’acqua – nell’Unione non c’è una vera consapevolezza del problema dell’inquinamento delle acque, né misure adeguate a proteggere i cittadini.
Quello che accade, ha chiarito Maltese, porta dei “danni evidenti”, senza che vi sia “una reazione adeguata” delle istituzioni. La situazione, ha aggiunto il deputato della Sinistra Unitaria europea, “non è differente da ciò che è successo con altre sostanze come l’amianto”, problema che per anni “si è ignorato” o del quale si è “minimizzata” la portata del “danno”.
Secondo quanto spiegato da attivisti e dai deputati, nonostante la pericolosità della sostanza, testimoniata dall’impennata dei casi di gravi patologie che fa riscontro all’aumento delle loro concentrazioni sangue, i limiti massimi consentiti della sostanza nell’acqua potabile dall’Ue sono inadeguati.
Tutti gli abitanti del Veneto occidentale hanno “questi veleni nel sangue”, ha dichiarato detto Luca Cecchi, Associazione Monastero del Bene Comune. “Li abbiamo bevuti, respirati e mangiati” ha aggiunto l’attivista, spiegando che “400mila persone sono state avvelenate” e vi è stato un aumento “delle patologie devastante”.
Sebbene quella interessata sia “la seconda falda acquifera più grande di Europa” ha continuato Cecchi, non esiste “una normativa europea che individui le responsabilità giuridiche” per i danni “provocati dalle aziende” produttrici delle sostanze, né, ha aggiunto, esistono “autorità in grado di intervenire repentinamente in questi casi”, mentre la lentezza e i ritardi delle autorità “locali nazionali ed europee è disarmante e inaccettabile per noi”.
Per cercare di arginare il deficit giuridico e la lentezza delle autorità in merito al problema Maltese ha presentato, insieme ad altri europarlamentari, emendamenti alla direttiva sulla Qualità delle acque, chiedendo di ridurre il livello di Pfas nell’acqua e di prevedere controlli pubblici e affidabili.
L’obiettivo, nello specifico, è quello di far sì che la concentrazione delle Pfas sia 0,05 milligrammi per litro – un decimo di quelle consentite oggi ma superiore alla “quota zero” richiesta dagli attivisti veneti – e che il sistema di rilevamento e monitoraggio di queste sostanze provenienti dal settore industriale sia aggiornato ed efficiente.
La nuova normativa, che riguarda la qualità delle acque potabili, è in discussione In questi giorni presso la commissione Ambiente del Parlamento europeo – mentre, contestualmente è all’esame del Consiglio.
Questa “è una lotta molto importante per la regione Veneto, per il nostro paese e per tutta l’Ue, dove si sta cercando di ridiscutere certi modelli di sviluppo” ha detto l’eurodeputato italiano.
“E’ necessario intervenire a livello europeo per difendere il diritto all’accesso all’acqua e assicurare un basso livello di sostanze inquinanti”, ha spiegato Maltese, facendo notare che esiste, a livello del Parlamento “un consenso trasversale” e che è importante che “tutti i popoli europei” siano resi consapevoli di questa vicenda.
Poi parlando dei Cinque Stelle e delle loro battaglie sull’acqua potabile ha aggiunto: “Speravo che in Italia fosse riportata la questione” dato anche che “la prima stella” del simbolo dei pentastellati “è l’acqua” e “ho sperato che si facessero sentire” anche se “finora non è venuto fuori nulla”.
Secondo quanto ricordato durante la conferenza da esperti scientifici, i Pfas sono estremamente pervasivi nell’ambiente, perchè la loro struttura chimica e molecolare le rende molto stabili a livello termico e chimico – e molto resistenti alla degradazione.
In Veneto Occidentale – in particolare nelle province di Province di Vicenza, Verona e Padova – la responsabile della diffusione delle sostanze potrebbe essere secondo le Ong soprattutto la fabbrica chiamata Mitteni, che le produce da 40 anni.
La popolazione, associazioni e Ong locali – tra i quali il comitato ‘Mamme no Pfas, genitori attivi zone contaminate’, l’Associazione Monastero del bene comune, presenti alla conferenza – si battono per un bando definitivo della sostanza, in particolare per fermare le attività dell’azienda e potenziare i sistemi di filtraggio delle acque, da quando, anni addietro, uno studio del Consiglio Nazionale delle Ricerche ha portato alla luce la contaminazione nei fiumi e nelle acque della zona.
Ma il problema è tutt’altro che locale, dato che, come un recente rapporto di Greenpeace ha rilevato, tracce della sostanza sono state trovate addirittura in Antartide, evidenziando i problemi che la questione può avere anche su altre specie e le ripercussioni future.
“Avvelenare l’acqua significa mettere in crisi il futuro e noi ne siamo la dimostrazione vivente” ha detto l’attivista veneto Luca Cecchi.