Roma – Si accontenta di una telefonata con delle scuse un po’ ambigue il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, per confermare che domani sarà a Parigi in visita ufficiale al presidente della Repubblica Emmanuel Macron. L’inquilino dell’Eliseo non ha ritirato le parole accolte come un insulto dall’intero governo italiano – aveva definito “cinica e irresponsabile” la politica di chiusura dei porti alla nave Acquarius della Ong Sos Méediterranée – ma “ha sottolineato di non aver pronunciato alcuna espressione volta a offendere l’Italia e il popolo italiano”. Lo riferisce una nota di Palazzo Chigi, riportando che nel corso del colloquio telefonico i due leader “hanno confermato l’impegno della Francia e dell’Italia a prestare i soccorsi nel quadro delle regole di protezione umanitaria delle persone in pericolo”. Macron ha voluto rimarcare “di aver sempre difeso la necessità di una solidarietà europea accresciuta nei confronti dell’Italia”.
Il presidente della Repubblica francese e quello del Consiglio italiano “hanno convenuto che, in vista del Consiglio europeo” del 28 e 29 giugno, “sono necessarie delle nuove iniziative da discutere insieme”. Iniziative che dovranno favorire “una politica migratoria efficace con i Paesi di origine e di transito, attraverso una migliore gestione europea delle frontiere e un meccanismo di solidarietà nella presa in carico dei rifugiati”. “Per evocare questi temi e i numerosi dossier di comune interesse”, spiega ancora il comunicato di Palazzo Chigi, Conte e Macron “si incontreranno a Parigi venerdì, per un pranzo di lavoro seguito da una conferenza stampa”.
Visita confermata dunque, e “caso chiuso”, come lo stesso Conte comunica di persona poco dopo l’uscita del comunicato. A stretto giro segue anche la conferma di Macron, che ribadisce di non aver “mai avuto l’intenzione di offendere l’Italia e gli Italiani”. La conferma della visita arriva però dopo una lunga riflessione, perché stamane, a Rtl 102,5, il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio continuava a pretendere delle scuse formali e giudicava solo “un segnale di disgelo” la telefonata di ieri notte. Alla fine, Conte e il governo italiano hanno ritenuto dunque che non sia tempo per atteggiamenti permalosi. Più utile è sedersi al tavolo e discutere, con un attore che tra l’altro ha un peso determinante sui flussi migratori che arrivano dalla Libia. L’attivismo francese nel Paese nordafricano è infatti un elemento non proprio stabilizzante per gli interessi italiani e gli equilibri che Roma stava, e sta, cercando di ricostruire dopo la caduta di Gheddafi, voluta all’epoca proprio da Parigi.