Bruxelles – Il ministro all’Agricoltura Gian Marco Centinaio annuncia che l’Italia non ratificherà il trattato di libero scambio con il Canada (Ceta) “perché tutela solo una piccola parte dei nostri prodotti Dop e Igp”. “Chiederemo al Parlamento di non ratificare quel trattato e gli altri simili al Ceta, del resto è tutto previsto nel contratto di governo”, ha spiegato il ministro in un’intervista a la Stampa, sanzionando una nuova rottura con Bruxelles.
Se l’Italia si fermasse alla “non ratifica” il Trattato continuerebbe però a restare in piedi, anche se non per le parti di competenza nazionale in Italia. Se invece il Parlamento lo bocciasse con un voto esplicito allora il Ceta potrebbe cadere per tutti.
“C’e’ un interesse della Commissione a lavorare con gli Stati Ue per far sì che la politica commerciale europea sia mutualmente benefica per tutti”, ha risposto il portavoce della Commissione questa mattina alle domande dei giornalisti, senza scendere per ora in dettagli e lasciando l’abituale vaghezza di questa Commissione nel comunicare con la stampa. In sostanza si spera a Bruxelles che l’Italia non si metta troppo di traverso, anche perché il Ceta è entrato in vigore in via provvisoria il 21 settembre scorso in attesa di essere ratificato da tutti i Parlamenti degli Stati membri Ue, ma al momento si sono espressi solo 11 paesi su 28 (Danimarca, Lettonia, Estonia, Lituania, Malta, Spagna, Portogallo, Croazia, Repubblica Ceca, Austria e Finlandia).
Con l’entrata in vigore provvisoria il Ceta, firmato il 30 ottobre del 2016 da Ue e Canada, sono già a regime le clausole che riguardano le materie di competenza europea come le misure non tariffarie e la tutela delle indicazioni geografiche, compresi 41 prodotti italiani: dall’aceto balsamico di Modena al cappero di Pantelleria fino al prosciutto di Parma e al parmigiano reggiano. Le parti dell’accordo per cui è stata definita la competenza a livello nazionale, in particolare quella relativa alla protezione degli investimenti, entreranno in vigore solo al termine della procedura di ratifica dei 28 Stati membri. Ma le regole che disciplinano questi accordi prevedono che solo con un voto contrario di rigetto, anche di un solo Paese, si può fermare il Ceta. I ritardi nella ratifica insomma non bloccano la sua applicazione provvisoria.
Con il Ceta, spiegava il ministero dello Sviluppo economico durante il suo, poi interrotto, processo di appovazione parlamentare nella passata legislatura, “verrà abolito il 99 per cento delle tariffe doganali canadesi con picchi in alcuni dei settori di punta del nostro export”, verranno “rimosse alcune importanti barriere non tariffarie e garantita l’apertura del mercato degli appalti pubblici alle aziende europee”. Oltre “il riconoscimento di 171 indicazioni geografiche europee (di cui 41 italiane)”.
I critici del Ceta (che sono gli stessi che contestavano l’accordo con gli Usa Ttip, mai concluso) però sottolineano i rischi legati all’arrivo sulle nostre tavole di prodotti agricoli trattati con additivi chimici, ogm, carne agli ormoni, paure sempre definite ingiustificate dalla Commissione europea. Secondo Greenpeace, ad esempio, “il trattato darà alle aziende del Nord America diversi strumenti per indebolire gli standard europei su ormoni della crescita, Ogm, lavaggio della carne con sostanze chimiche, clonazione animale”.
Secondo gli accordi, con l’entrata in vigore del Ceta, il Canada abolirà dazi sulle merci originarie dell’Ue per un valore di 400 milioni di euro, mentre alla fine di un periodo di transizione la cifra – secondo le previsioni della Commissione europea – dovrebbe superare i 500 milioni l’anno. Con il Ceta il Canada si è impegnato ad aprire il suo mercato a formaggi, vini e bevande alcoliche, prodotti ortofrutticoli e trasformati. Tutti i prodotti dovranno essere conformi alle disposizioni dell’Ue, come sulla carne agli ormoni. Il Canada ha accettato di proteggere 143 prodotti europei che beneficiano dell’indicazione di origine. Per l’Italia, l’accordo prevede la protezione di 41 prodotti di denominazione di origine: dalla bresaola della Valtellina all’aceto Balsamico di Modena, passando per la Mozzarella di Bufala Campana e il Prosciutto di Parma. I prodotti europei godranno di una protezione dalle imitazioni analoga a quella offerta dal diritto dell’Unione e non correranno più il rischio di essere considerati prodotti generici in Canada.
Per il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo invece “la decisione di non ratificare il trattato di libero scambio con il Canada è una scelta giusta di fronte ad un accordo sbagliato e pericoloso per l’Italia, contro il quale si è sollevata una vera rivolta popolare che ci ha visti protagonisti su tutto il territorio nazionale dove hanno già espresso contrarietà 15 regioni, 18 province 2500 comuni e 90 Consorzi di tutela delle produzioni a denominazioni di origine”. Secondo l’organizzazione “con il Ceta per la prima volta nella storia l’Unione Europea legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina, dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele, ma sarà anche liberamente prodotto e commercializzato dal Canada il Parmigiano Reggiano con la traduzione di Parmesan”.
“L’accordo con il Canada – assicurava invece l’allora ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda il giorno dell’entrata in vigore provvisoria – non mette in alcun modo in pericolo gli alti standard sanitari, ambientali e sociali la cui tutela è una nostra priorità a difesa dei cittadini europei. Diverso è invocare questi standard come un alibi per nascondere ingiustificate spinte protezionistiche, pericolose per un paese come l’Italia che vive di esportazioni”.