Roma – Da Palazzo Chigi, nel tardo pomeriggio di ieri, trapela la “grande irritazione” del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che non ha preso bene le accuse partite dalla Francia contro la chiusura dei porti italiani alla nave Acquarius carica di migranti. Prima Gabriel Attal, portavoce del partito La République En Marche del presidente francese Emmanuel Macron, aveva dichiarato in mattinata che la politica adottata dal governo italiano sui migranti “è da vomitare”. Poi lo stesso inquilino dell’Eliseo aveva parlato di “cinismo e irresponsabilità”. Parole che non preparano al meglio la visita di ufficiale per la quale Conte è atteso venerdì all’Eliseo. “Per ora l’incontro resta confermato, ma c’è grande irritazione” fanno sapere fonti dell’esecutivo dopo che si è tenuto a Palazzo Chigi un vertice tra conte e suoi vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Non viene escluso che un’escalation della tensione, benché improbabile e certamente non auspicabile, possa far saltare il vertice.
La reazione nei confronti di Parigi è dura anche da parte del vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio, il quale se la prende anche con i moniti provenienti dalla Spagna a proposito dei rischi penali per la scelta di non accogliere l’Acquarius. “Francia e Spagna hanno chiuso i loro porti da tempo. La Spagna ha praticato addirittura i respingimenti a caldo, che sono stati anche condannati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. La Francia respinge quotidianamente i migranti a Ventimiglia e tutti ci ricordiamo cosa è successo qualche mese fa a Bardonecchia”, tuona dal proprio profilo Facebook il leader M5s. “È imbarazzante”, per Di Maio, “che oggi i rappresentanti di questi Paesi vengano a farci la morale soltanto perché chiediamo a tutti i nostri partner europei di condividere con l’Italia diritti, doveri e solidarietà”. L’invito del ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico è a non “sprecare fiato” e “adoperarsi subito per distribuire i migranti che arriveranno durante l’estate in tutta Europa”. Il tutto modificando “prima possibile il Regolamento di Dublino” su diritto di asilo. “In Italia c’è un nuovo governo e niente sarà più come prima”, promette.
In serata è l’altro vicepremier, il ministro degli Interni Matteo Salvini, a intervenire sulla vicenda dagli schermi di La7 in serata. Difende la scelta sulla quale si è trovato “in perfetta sintonia” con Conte, Di Maio e il titolare delle Infrastrutture Danilo Toninelli. “Abbiamo richiamato i Paesi europei alla collaborazione”, dicendo “a voce alta e con toni garbati che l’Italia non può essere il campo profughi d’Europa”. Riferisce di aver “chiamato i ministri francese, tedesco e ungherese e mi hanno detto che abbiamo ragione. Sono contento perché con qualche no ora si aprono prospettive utili”. E su questo gli va dato atto di aver rianimato un dibattito, quello sulla riforma del Regolamento di Dublino, che in molti vedevano destinato nel prossimo Consiglio europeo all’ennesimo rinvio rassegnato
Salvini si rivolge poi direttamente al presidente Macron: “Emmanuel, se hai il cuore così d’oro come dici, domani ti daremo le generalità di più di 9mila migranti che ti eri impegnato a prendere”. Il riferimento è agli accordi europei sulla redistribuzione di 40mila rifugiati da Italia e Grecia. “Il Paese più in torto nei nostri confronti è la Francia”, accusa Salvini, “che si doveva prendere 9.816 persone e ne ha prese solo 640”. Erano 635 al 31 maggio 2018 (dati della Commissione europea), e altri 4.394 sono stati trasferiti Oltralpe dalla Grecia, per un totale di 5.029. Cifra distante da quella effettivamente prevista per la Francia dagli accordi sulle relocation. Già nella prima versione che prevedeva 40mila trasferimenti – successivamente si è arrivati fino a 120 mila – la quota di Parigi era fissata in 6.752 rifugiati.
Anche la Spagna, al netto della gratitudine per l’accoglienza dei migranti dell’Acquarius, si guadagna una tirata d’orecchi da parte di Salvini: “Ringrazio Sànchez (Pedro, il primo ministro di Madrid, ndr), ma la Spagna protegge le sue frontiere e Ceuta e Melilla sparando, io non mi sognerei mai di farlo”.
Salvini – che oggi in mattinata riferirà al Senato sulla vicenda dell’Acquarius e delle navi delle Ong che soccorrono migranti in mare – dà anche indicazioni sull’approccio che guiderà le sue prossime visite in Nord Africa. Entro fine mese sarà in Libia, dove “chiederò cosa gli serve”, annuncia. Dovrà infatti rinnovare i patti stretti dal suo predecessore Marco Minniti, che incontrò sindaci e capi tribù convincendoli – non si sa bene in cambio di cosa – a cooperare per ridurre le partenze dalla Libia. “Dalla Tunisia voglio sapere come mai esporti tanti migranti visto che non c’è guerra in quel Paese”, insinua Salvini rischiando di rinfocolare la miccia dell’incidente diplomatico sfiorato giorni fa con Tunisi.