Bruxelles – Basta rinvii, adesso è il momento delle decisioni. L’Europa degli Stati si è data e ridata tempo per arrivare a delle decisioni che ancora non appaiono alla portata. Proprio per questo, ora non è più la stagione degli indugi e la riunione del Consiglio europeo di giugno non può deludere le attese. Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione europea, invita i membri dell’Ue ad assumersi le responsabilità. Parla in Aula al posto del presidente Jean-Claude Juncker, di rientro dal G7, e partendo proprio dall’esito del summit dei sette grandi, il numero due dell’esecutivo comunitario ricorda l’importanza di essere determinati ad andare avanti.
“Non voglio dire che le regole costruite attentamente dopo la seconda guerra mondiale stanno fallendo, ma è la prima volta dal 1945 che un presidente degli Stati uniti non vede come interesse strategico americano assicurare un’Europa unita e stabile”. L’allontanamento dell’America di Donald Trump, per Timmermans, non può che significare una cosa: “Vuol dire che l’Unione europea deve avere il proprio destino nelle proprie mani”. Il vicepresidente della Commissione Ue non ha dubbi sul fatto che “l’Ue può farlo”, però le potenzialità teoriche si scontrano con le incapacità pratiche.
Immigrazione e Brexit, tutti temi che mostrano le difficoltà nel trovare l’unità politica richiesta dalla situazione. Nell’impossibilità di adottare misure condivise, si rinvia. “Lo scorso dicembre i leader hanno deciso di ritornare su determinate questioni a marzo, a marzo hanno deciso di tornare ancore sulle stesse questioni a giugno. E’ vero che le decisioni importanti richiedono tempo, ma non possono essere posticipate all’infinito”. Un chiaro invito a prendere le decisioni promesse ai cittadini. Ne va della credibilità dell’Ue, oltreché della sua sopravvivenza. “Il vertice del Consiglio europeo di giugno è una buona opportunità per dimostrare volontà politica, decisione e unità”.
Ma gli Stati sono divisi, e Timmermans ne è consapevole. Lo ricorda ai parlamentari europei nel passaggio del suo discorso in cui invoca “un compromesso su Dublino”, il regolamento che disciplina il sistema comune di asilo. “La prevenzione di crisi future è importante quanto la gestione di quelle attuali, ma ci sono sensibilità e posizioni diversi tra gli Stati”. Distanze da colmare. “E’ tempo di affrontare il problema”, perché “la situazione nel Mediterraneo è lì a ricordarci che non possiamo sperare che i problemi scompaiano” da soli. E’ vero per l’immigrazione, come lo è per la Brexit. Non ci sono grandi progressi, ma ciò non vuol dire che tutto è perduto. “Abbiamo ancora tre settimane per fare passi avanti, è nell’interesse di tutti”.