Come funzionerà il nuovo governo italiano è questione ancora tutta da capire. E’ composto sostanzialmente di tre blocchi: i leader (i vice premier Matteo Salvini e Luigi Di Maio più il sottosegretario a Palazzo Chigi Giancarlo Giorgetti) i peones governativi (gli altri ministri dei due partiti più il presidente del Consiglio) e i tre tecnici di qualità (Enzo Moavero Milanesi, Paolo Savona e Giovanni Tria).
Che equilibrio si creerà nell’esecutivo? Che compiti sono stati assegnati nella realizzazione del contratto di governo e nell’affrontare nuove questioni che si presenteranno? La sensazione è che l’attività governativa vera e propria sarà nelle mani del gruppo a quattro Giorgetti (che è stato già sottosegretario) Moavero, Savona e Tria. Salvini e Di Maio faranno più che altro ‘politica pura’, pensata nell’immediato con un occhio alle elezioni amministrative, poi alle europee, con il leader leghista forse un po’ più proiettato nelle attività proprie del suo dicastero di quanto lo sarà il capo politico dei Cinque stelle nei suoi due.
E’ evidente il gap di esperienza che c’è tra Giorgetti e i tre ministri tecnici nei confronti di tutti gli altri membri del governo, compresi i due leader di partito. Ma mentre questi ultimi avranno una grande indipendenza almeno nella comunicazione verso l’esterno e nelle scelte politiche di rilievo, gli altri tredici componenti dell’esecutivo avranno poco spazio politico e dovranno limitarsi ad una gestione più o meno brillante, questo lo si vedrà, dei loro dicasteri.
Giorgetti, Moavero, Savona e Tria avranno invece in mano le redini dell’attività di governo. Messi insieme i loro tre dicasteri più il sottosegretariato del leghista pervadono tutta l’attività degli altri ministeri, compresi anche quelli di Di Maio e Salvini, e grazie alla loro esperienza diventeranno punto di riferimento per ogni mossa che i loro colleghi decideranno di fare. Per spiegargli come muoversi nei meandri della Pubblica amministrazione, per rendere possibile la realizzazione delle loro proposte, nella misura in cui le varie idee lo saranno.
C’è un precedente ministro tecnico in un governo Berlusconi, chiamato al ministero degli Esteri proprio per la sua grande esperienza nel settore, che lasciò dopo qualche mese anche perché non gli lasciavano fare il ministro. Era Renato Ruggiero, che si dimise per una serie di “incomprensioni”, una delle quali fu lo scarso entusiasmo del governo nell’introduzione dell’euro e, spiegò lo stesso ex ministro qualche mese dopo, a causa dei violenti attacchi dell’allora ministro Umberto Bossi contro l’Unione europea. Vedremo questa volta se il rispettato (in Italia e all’Estero) europeista Moavero riuscirà, con i suoi colleghi tecnici decisamente più dubbiosi su alcuni aspetti dell’Unione, a tenere a bada gli eccessi eventuali dei suoi colleghi politici.