Roma – Per ascoltare la parola Europa bisogna attendere circa 22 minuti del discorso (in tutto un’ora e un quarto circa) con cui il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è presentato in Senato per chiedere la fiducia,, ottenuta con 171 sì, 10 voti in più della maggioranza assoluta. Il primo aspetto che al neo inquilino di Palazzo Chigi preme sottolineare, in merito ai rapporti con l’Ue, è l’obbiettivo di “riduzione del divario di crescita tra l’Italia e l’Unione europea”. Un target che andrà “perseguito in un quadro di stabilità finanziaria e di fiducia dei mercati”, indica. Riducendo il debito pubblico, comunque “sostenibile”, ma senza “misure di austerità che, negli ultimi anni, hanno contribuito a farlo lievitare”. “Il debito pubblico vogliamo ridurlo con la crescita della nostra ricchezza”, spiega il capo dell’esecutivo lasciando intendere che non sarà un tabù il ricorso al deficit per realizzare stimoli all’economia. “La politica fiscale e di spesa pubblica”, sottolinea, “dovrà essere orientata al perseguimento degli obiettivi richiamati di crescita stabile e sostenibile”.
Si tratta di una linea che Conte intende portare “con forza in Europa per un adeguamento della sua governance”. Una nuova governance che “è già al centro delle riflessioni e delle discussioni in tutti i Paesi membri dell’Ue”, ricorda. “Siamo moderatamente ottimisti sul risultato di queste riflessioni e fiduciosi della nostra forza negoziale”, dice l’esponente dei 5 stelle, convinto di potersi presentare ai tavoli con i partner Ue “in una situazione in cui gli interessi dell’Italia, in questa fase della costruzione europea, coincidono con gli interessi generali dell’Europa e con l’obiettivo di prevenire un suo eventuale declino”.
Un capovolgimento di prospettiva rispetto ai timori per l’avvento di un governo atteso come antieuropeista. Conte non andrà in Europa per distruggerla ma per rafforzarla, promette. “Come Paese fondatore abbiamo il pieno titolo di rivendicare un Europa più forte e anche più equa, nella quale l’Unione economica e monetaria sia orientata a tutelare i bisogni dei cittadini, per bilanciare più efficacemente i princìpi di responsabilità e di solidarietà”.
Più tardi, nella replica agli interventi dei senatori, Conte ci tiene a precisare, “ancora una volta”, che “l’uscita dall’euro non è mai stata in discussione”, tant’è che “non è nel contratto di governo”. Il tema invece è un altro, rimarca il presidente del Consiglio: “È legittimo o no per un Paese rinegoziare le politiche econmiche” dell’Ue? Se ci sono i margini per farlo “lo vedremo”, dice, ma “noi siamo molto determinati”, avverte.
Oltre alla questione economica, andrà affrontato il nodo immigrazione. “È evidente a tutti come la gestione dei flussi migratori finora attuata abbia rappresentato un fallimento”, sentenzia il presidente del Consiglio. Tuttavia, se il ministro degli interni Matteo Salvini indica di voler lavorare con il premier ungherese Victor Orban per riscrivere le regole comuni, Conte critica “l’Europa” per aver “consentito chiusure egoistiche di molti Stati membri che hanno finito per scaricare sugli Stati frontalieri, e in primo luogo sul nostro Paese, gli oneri e le difficoltà che invece avrebbero dovuto essere condivisi”.
Il principale punto su cui intervenire è sul regolamento di Dublino che disciplina il diritto di asilo. Sarà quello “il primo banco di prova del nuovo modo di dialogare con i partner europei”, segnala Conte. Poi annuncia: “chiederemo con forza il superamento del Regolamento di Dublino, per ottenere l’effettivo rispetto dell’equa ripartizione delle responsabilità e realizzare sistemi automatici di ricollocamento obbligatorio dei richiedenti asilo”. Al contempo, garantisce, “ci adopereremo per rendere effettive le procedure di rimpatrio”. L’obbiettivo è far passare “in sede europea” un principio: “Tutti i Paesi terzi che vorranno stringere accordi di cooperazione con un Paese membro dell’Unione debbano accedere alla sottoscrizione di accordi bilaterali per la gestione dei flussi migratori”.
Quanto agli altri impegni internazionali, Conte ha assicurato di voler “mantenere convintamente la nostra appartenenza all’Alleanza atlantica, con un rapporto privilegiato con gli Stati Uniti”. Tuttavia, ha precisato, “saremo fautori di un’apertura con la Russia” e “ci faremo promotori di una revisione del sistema di sanzioni” che l’Ue, in accordo con gli Usa, ha stabilito nei confronti di Mosca.
Nessuna sorpresa dal voto in Aula. Ai 109 senatori del Movimento 5 stelle si sono aggiunti i 58 leghisti, senza alcuna defezione. Anzi, ad aggiungersi alla maggioranza i due pentastellati espulsi Carlo Martelli e Maurizio Buccarella, oltre ai colleghi del Maie (Movimento associativo italiani all’estero) Ricardo Antonio Merlo e Adriano Cario. Astenuto il gruppo di Fratelli d’Italia, verso il quale Conte aveva rivolto indirettamente un appello, indicando che l’adesione al contratto di governo è aperta a gruppi parlamentari che volessero aggiungersi in corso. Il partito di Giorgia Meloni non ha raccolto l’invito e valuterà provvedimento per provvedimento come votare. Domani si replica alla Camera dei deputati, dove la maggioranza M5s-Lega è più ampia, contando su 222 deputati 5 stelle e 124 leghisti. anche a Montecitorio la maggioranza potrebbe arricchirsi con ex pentastellati e appartenenti al gruppo misto. Schierati all’opposizione il Pd, Forza Italia e Liberi e uguali.