Bruxelles – Buone notizie sul fronte euro. Secondo l’ufficio statistico Ue Eurostat l’inflazione dell’euro si è impennata nel mese di maggio, arrivando a toccare quota 1,9% a fronte di un incremento atteso all’1,6% – il che la porta vicino agli obiettivi stabiliti della Bce.
L’incremento è stato rilevante rispetto al mese di aprile nel quale, secondo quanto indicato da Eurostat, essa si attestava intorno all’1,2%.
Il balzo è avvenuto grazie soprattutto all’aumento del costo dell’energia.
In questo modo, l’area euro si avvicina improvvisamente agli obiettivi ufficiali della Bce, ovvero un’inflazione inferiore ma vicina al 2% – sulla media di circa 18 mesi.
In Italia, secondo la stima provvisoria dell’Istat, l’inflazione a maggio ha registrato una significativa accelerazione, salendo all’1,1% dallo 0,5% di aprile.
L’istituto statistico italiano ha spiegato che quello odierno è si il livello più alto dal settembre scorso.
A trainare il rialzo è il balzo dei prezzi sull’energia, al +6,1% dal +2,6% di aprile, mentre alimentari, alcolici e tabacchi hanno segnato un +2,6%, mentre i servizi hanno registrato un +1,6%.
Sul fronte dell’occupazione, l’Eurostat rileva una nuova limatura del tasso di disoccupazione medio nell’area euro, che ad aprile va all’8,5% segnando il minimo dal dicembre del 2008. A marzo la disoccupazione si era attestata intorno all’8,6 per cento.
“Un po’ d’inflazione, vicino ma meno del 2% indicato dalle banche centrali, è positiva perché significa che l’economia è in buona salute. Infatti una moderata inflazione è il sintomo che i consumi sono in rafforzamento e alimentano la crescita, che i salari sono in aumento grazie a un mercato del lavoro solido, che la produzione risente di aumenti dei costi che ancora riflettono un’economia in buona salute”, spiega Maria Paola Toschi, Market Strategist di J.P. Morgan Asset Management, al sito Financial Lounge. Un’inflazione vicina al due per cento è buona anche per il servizio del debito pubblico. “Un’inflazione vicino al 2% è inoltre favorevole per i Paesi con elevati stock di debito, e quindi per l’Europa – spiega sempre Toschi -. Mentre la deflazione è molto negativa per l’Europa per lo stesso motivo. Infatti lo stock di debito pubblico accumulato dai paesi e da finanziare con nuove emissioni di titoli obbligazionari, è solitamente a prezzi costanti (resta quindi invariato nel tempo), mentre il calo del Prodotto Interno Lordo avviene a prezzi correnti, ovvero è composto da valori che vengono aggiornati con l’inflazione. La crescita del PIL può quindi essere inflazionata e ciò favorisce il riequilibrio degli indici di debito (Debito/PIL) che tendono a scendere”.