Trento – Potrebbe essere una tattica negoziale interna, potrebbe essere solo un dato di fatto conseguente alle spaccature interne al governo britannico, ma sta di fatto che più ci si avvicina al 29 marzo 2019 senza un accordo più è possibile avvicinarsi ad un’uscita “soft” della Gran Bretagna dall’Unione europea. Lo sostiene Federico Fabbrini, full professor (ordinario) di Diritto dell’Unione europea e direttore dell’Istituto Brexit della Dublin City University, che abbiamo incontrato nella sua Trento durante il Festival “Siamo Europa”, organizzato dalla Provincia e da Villa Vigoni, di ritorno da Bruxelles dove ha presentato uno studio, richiestogli dal Parlamento europeo, sulla questione del divorzio di Londra dall’Unione europea.
“Che la hard Brexit possa accadere è una possibilità seria, non possiamo negarlo, soprattutto a causa della idiosincrasia del governo britannico che non trova una posizione negoziale coerente, ma più ci avviciniamo al 29 marzo 2019 più aumenta il margine che la premier Theresa May ha per una soluzione soft, che è poi anche l’interesse dell’Unione europea”, dice Fabbrini. L’Unione europea ha posto come data limite per portare a termine il negoziato di recesso ottobre di quest’anno, perché ci sia poi il tempo per i numerosi e complessi passaggi istituzionali di ratifica, compresa quella del Parlamento europeo. “Credo sia realistico pensare che entro ottobre il Regno Unito decida per restare nell’accordo doganale, come allineamento regolatorio che riguarda tutto il regno, e non solo l’Irlanda del Nord”, che è la questione che sta bloccando in queste settimane il negoziato, “dunque l’accordo di recesso entro ottobre, o all’inizio di novembre è possibile”.
Un previsione, diciamo, “innovativa” rispetto al pessimismo che circola in Europa, ma secondo Fabbrini “non è implausibile che i Comuni votino per restare nell’Unione doganale, e su questo preme anche il governo irlandese, che cerca con tutte le forze una soft Brexit, che eviti anche un riaccendersi delle tensioni in Irlanda del Nord”. Il percorso non sarebbe facile, ammette il professore, perché presume “che May di fatto accetti una spaccatura nel suo partito e che la legge sul recesso sia votata trasversalmente anche dai laburisti, che in gran parte sosterrebbero questa soluzione”. Ma è una strada possibile, anche se poi potrebbe aprire ad una crisi di governo, e forse a nuove elezioni anticipate. Un altro ostacolo potrebbero essere i ministri che punto alla hard Brexit, come Boris Johnson, “che potrebbero trovare il modo di mettere i bastoni tra le ruote del governo per impedire che si arrivi a questo voto”, ma se una maggioranza parlamentare ci fosse, sostiene Fabbrini, potrebbe manifestarsi.
Restare nell’Unione doganale però legherebbe le mani alla Gran Bretagna nel fare accordi commerciali con Paesi terzi, perché sarebbero proibiti dall’Unione europea a Londra come lo sono per tutti gli altri. “Ma questo ostacolo di fatto lo si sta superando – spiega Fabbrini – perché i Paesi ai quali guardano i britannici come possibili partner sono quelli del Commonwealth e due tra i principali, Australia e Nuova Zelanda, stanno proprio in questi mesi stringendo accordi di libero scambio con l’Ue, risolvendo in gran parte la questione anche per Londra”.
Certo una situazione del genere, con un voto parlamentare trasversale di due partiti che, singolarmente, non sono in grado di esprimere una maggioranza di governo e che si spaccherebbero ancor di più, da un lato servirebbe la ‘ragion di stato’, ma dall’altro “produrrebbe una Gran Bretagna debolissima, ancor più di quanto lo sia oggi”, ma forse con maggio capacità reattiva, perché, ricorda Fabbrini, “Unione doganale e partecipazione al Mercato unico vanno di pari passo”, e secondo lui questo non avrebbe un impatto catastrofico sui cittadini che hanno votato Brexit perché non volevano la libera circolazione delle persone, che è imposta dal Mercato Unico. “Su questo c’è molta retorica…”, si limita a commentare, intendendo, forse, che dialetticamente la retorica può essere rivoltata e buona parte dei cittadini potrebbero ripensare alle loro posizioni se compattamente la politica spiegasse i perché.
Sul resto dei temi della Brexit, è convinto il professor Fabbrini, “l’accordo si sta trovando”, e dunque non esprime particolari preoccupazioni, se non per “qualche instabilità o tensione imprevista, come potrebbe essere per la Spagna che potrebbe trovarsi a dover dire la sua parola sulla questione di Gibilterra senza avere un governo, visti gli scossoni di questi giorni a Madrid, o di qualche novità che potrebbe arrivare da governo del tutto nuovi sulla scena come quello che potrebbe formarsi in Italia”.
La Brexit si accavalla con la fine della legislatura del Parlamento europeo: il 29 marzo la prima e il 23 maggio la seconda. Secondo Fabbrini i deputati britannici resteranno tali fino a maggio, in quanto “gli europarlamentari sono rappresentanti dei cittadini europei, non solo dei britannici, e lo dimostra anche il fatto che alle elezioni europee in Gran Bretagna come altrove hanno votato elettori di altri Paesi dell’Unione”.