Bruxelles – A una settimana dall’uccisione a Gaza di oltre 60 palestinesi per mano israeliana, il ministro degli Esteri di Ramallah, Riyad al-Maliki, ha richiesto ai giudici della Corte penale internazionale (Cpi) di avviare un’indagine per violazione dei diritti umani da parte di Israele sul territorio palestinese, tanto per i fatti accaduti nella enclave palestinese che si affaccia sul Meaditerraneo, quanto per gli abusi commessi nei territori occupati in Cisgiordania.
Nel presentare al pubblico ministero della Corte la propria richiesta, al-Maliki ha parlato di prove “inconfutabili” su quelli che ritiene essere “gravi crimini” commessi dallo Stato ebraico. Ci “sono prove sufficienti a giustificare un’inchiesta immediata”, ha ribadito il palestinese.
La richiesta di Ramallah fornirebbe ai pubblici ministeri l’autorità per indagare su presunti crimini da parte di Israele a partire dal 2014 – incluse le morti della scorsa settimana durante le proteste a Gaza che hanno fatto seguito all’apertura dell’ambasciata statunitense a Gerusalemme – senza attendere ulteriori approvazioni. L’obbiettivo palestinese è che “l’ufficio del pubblico ministero apra senza indugio un’indagine su tutti i reati”, ha riferito Maliki ai giornalisti dopo aver incontrato il procuratore capo Fatou Bensouda. “Posticipare ulteriormente la giustizia per le vittime palestinesi equivale anche a negare la giustizia” ha aggiunto.
Non è tardata ad arrivare la risposta di Israele, che ha definito “assurda” la richiesta palestinese alla Corte penale, quando gli stessi palestinesi “continuano a incitare verso atti di terrorismo” e usano i civili come “scudi umani”. “Israele si aspetta che la Corte dell’Aja e il suo pubblico ministero non cedano” alle pressioni di Ramallah e ai tentativi “di politicizzare la corte e farla deviare dal proprio mandato”, ha dichiarato il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. A suo avviso, “I palestinesi continuano a utilizzare la corte per ragioni politiche invece che per lavorare nella direzione di mettere in piedi un processo di pace con Israele”.
Da parte israeliana c’è anche il tentativo di negare la giurisdizione della Cpi sul caso, perché Israele non è un membro del tribunale. La Corte dell’Aja è competente per casi relativi a crimini di guerra e genocidio contro l’umanità commessi sul territorio dei 123 Paesi che l’hanno sottoscritta. Sebbene Tel Aviv non abbia ratificato lo statuto della Corte, gli israeliani possono in realtà essere imputati per aver commesso crimini sui territori palestinesi.
La Cpi, che è stata aperta nel luglio 2002, è una corte di ultima istanza, che entra in gioco solo quando uno Stato non è disposto o non è in grado di indagare sui crimini sul suo territorio.
Intanto, la settimana scorsa, all’Onu, gli Stati Uniti hanno bloccato una risoluzione di condanna contro Israele che chiedeva un’indagine indipendente sui fatti di Gaza. Il testo proposto, bloccato dal diritto di veto esercitato dagli Usa, stabiliva che “il Consiglio di sicurezza esprime la sua indignazione e la sua tristezza di fronte alla morte dei civili palestinesi che esercitano il loro diritto di manifestare pacificamente” e chiede “un’inchiesta indipendente e trasparente su queste azioni per garantire le responsabilità”.