Bruxelles – L’accordo internazionale sul nucleare iraniano va avanti. Non significa che l’intesa reggerà, ma per il momento l’azione diplomatica dell’Unione europea e dei suoi Stati membri principalmente coinvolti – Francia, Germania e Regno Unito – produce risultati. Si guadagna tempo per cercare di mantenere in vita l’accordo abbandonato unilateralmente dagli Stati Uniti, e di per sé non è poco. “Non sarà facile”, ammette l’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Federica Mogherini, al termine del vertice straordinario dei ministri degli Esteri del gruppetto ‘4+1’ (Francia, Germania, Regno Unito, Iran e Ue).
“Se vogliamo salvare questo accordo, che non è un esercizio semplice, dobbiamo farlo il prima possibile e nel modo migliore possibile”. La comunità internazionale, o almeno una parte di essa, lotta contro il tempo. Sottintendono questo le parole pronunciate da Mogherini al termine dell’incontro di Bruxelles. Non è che un primo round di confronto. La prossima settimana a Vienna si terrà una riunione a livello di viceministri degli Esteri. “Si continuerà a dialogare a tutti i livelli”, chiarisce sempre l’Alta rappresentante, in una conferenza stampa tenuta in solitaria per volere dei partecipanti.
Gli europei vantano in questo momento una credibilità che agli occhi di Teheran gli americani non hanno più. Politicamente questo conta. Dopo l’abbandono statunitense del piano d’azione congiunto globale (questo il nome dell’accordo sul nucleare iraniano, noto con l’acronimo inglese Jcpoa) se la Repubblica islamica non ha ripreso ad arricchire l’uranio, processo che può portare un programma energetico civile ad uno militare, è grazie alle immediate sponde offerte dall’Europa.
Gli iraniani hanno ventilato l’ipotesi di recedere a loro volta dagli impegni assunti nel 2015 sulla scia di quanto fatto dall’amministrazione Trump. Per ora non è avvenuto, segno che si guarda all’Europa con fiducia. Il fatto che gli Stati Uniti siano usciti “non significa che non c’è qualcosa che possiamo fare”, scandisce il ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson, con la Repubblica islamica disposta a vedere cosa possono mettere sul piatto gli alleati del momento.
“Dobbiamo vedere se i rimanenti partner del Jcpoa permettono di mantenere i benefici” previsti, ammette il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif. Teheran prende tempo, insomma. Non è disposto a concederne troppo. “Non abbiamo molto tempo a disposizione”. Il regime degli ayatollah vuole garanzia economiche e di relazioni internazionali, cosa su cui Mogherini e i ministri Jean-Yves Le Drian (Francia), Heiko Maas (Germania) e Boris Johnson (Regno Unito) sono già pronti a lavorare.
E’ già stata avviata una discussione tra gli esperti delle diverse parti per trovare soluzioni a nove questioni, elencate una ad una da Mogherini al termine del mini-summit. Mantenere e accrescere le relazioni economiche con l’Iran, permettere la vendita di gas, petrolio, prodotti petroliferi, consentire transazioni bancarie con l’Iran, garantire i collegamenti marittimi, terrestri ed aerei con il Paese. E poi ancora garantire la fornitura e lo scambio di macchinari tecnologici, accrescere gli investimenti, permettere contatti e contratti tra compagnie iraniane e quelle dei partner, dare certezza giuridica e un ambiente favorevole agli investimenti.
A tutto questo si cercano soluzioni fattibili. E’ l’Iran a pretenderlo, dopo il cambio di indirizzo impresso da Washington e dal suo residente più illustre, il presidente Usa Donald Trump. “Verificheremo se la volontà politica espressa dai nostri partner rimanenti (nel Jcpoa, ndr), può essere tradotta in azioni specifiche”, mettere in chiaro il capo delle diplomazia iraniana, Zarif.
Mogherini mostra cauto ottimismo. “Siamo d’accordo su delle linee d’azione, su cui abbiamo appena iniziato a lavorare”. Serve tempo, insomma. “Non sarà facile – ribadisce l’Alta rappresentante – ma per usare una metafora utilizzata attorno al tavolo, capita un po’ a tutti di avere un parente in terapia intensiva, e quando questo accade tutti vogliono che ne esca il prima possibile”.
Perché ciò sia possibile l’Europa dovrà dare prova di determinazione e soprattutto di capacità. “E’ stato deciso che gli Stati membri dell’Ue lavorino a livello nazionale a un meccanismo complementare a quello comunitario per la protezione degli operatori economici”. Vuol dire un sistema misto Bruxelles-governi centrali, che può non essere scontato né tanto meno immediato.
Si cercherà dunque di fare il possibile per mantenere in piedi un accordo ritenuto “valido” (così lo ha definito il britannico Johnson al suo arrivo a Bruxelles) e soprattutto strategico. “Il nostro obiettivo è salvare il Jcpoa con tutti i suoi elementi, altrimenti diverrebbe discutere con l’Iran su altre questioni”, ricorda Mogherini. “Viceversa, salvare questo accordo offrirebbe una base per negoziati futuri”.