Roma – Se l’economista Giulio Sapelli non ha ricevuto l’incarico per formare un esecutivo M5s-Lega è per colpa di Bruxelles. Ne è convinto lo stesso professore, secondo il quale “lo stop non è arrivato dal Quirinale, ma sul Quirinale dalle oligarchie europee. E il Quirinale ha recepito”. L’accusa lanciata dai microfoni di Radio Capital ricalca quella contenuta in un’intervista a ‘il Sussidiario’, dove lo studioso punta il dito su un presunto “asse Mattarella-Di Maio”, un connubio “prono all’Europa, all’Ue così com’è”, secondo il professore. Frasi che hanno provocato la risposta piccata del Colle, che si è sentito indovere di precisare, attaverso un counicato, che “il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non ha posto alcun veto o diniego sul professor Sapelli, per la semplice circostanza che nessuno, né prima né durante le consultazioni, gli ha mai proposto, direttamente o indirettamente, il suo nome”.
Sapelli rivela poi di un colloquio di oltre due ore, domenica scorsa, durante il quale il segretario e il vice segretario del Carroccio, Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti, lo hanno presentato al capo politico M5s Luigi Di Maio e al suo braccio destro, Vincenzo Spadafora, come il candidato della Lega per Palazzo Chigi. Il professore ha avuto modo di valutare anche il programma di governo. “Aveva come inizio la ‘conditio sine qua non’ per salvare questo Paese dalla catastrofe: rinegoziare i trattati europei”, riferisce. L’obbiettivo è “una rinegoziazione senza strappi unilaterali, per eliminare il Fiscal compact o almeno attutirne le conseguenze”, aggiunge precisando che “su questo punto sono d’accordo non al cento ma al mille per cento”.
Stando al racconto dell’economista, dunque, l’accordo di massima sul programma c’era, ma poi l’intesa sarebbe slittata sui nomi. Se fosse vero, le difficoltà a trovare la quadra sul contratto di governo, riportate ieri da Salvini all’uscita dallo Studio alla Vetrata del Quirinale, assumono il sapore di un rilancio sulla trattativa. Un po’ per ottenere un ‘risarcimento’ per la bocciatura di Sapelli, un po’ perché in realtà la Lega ci sta ripensando. I sondaggi che continuano a dare il Carroccio in ascesa, uniti alla riabilitazione di Silvio Berlusconi – il leader di Forza Italia è tornato candidabile alle elezioni dopo l’esclusione di 5 anni prevista dalla legge Severino, grazie alla riabilitazione che gli ha “salvato” un anno – sembrano esercitare un’attrazione per il ritorno alle urne, e la tentazione di far saltare il tavolo è alimentata sia dagli alleati di Fi sia da Fratelli d’Italia.
Che sia per ripicca o per un ripensamento leghista, il dialogo sul contratto di governo si è complicato davvero, e i rapporti con l’Ue sono tra quelli su cui si registrano le più ampie distanze. Da ambienti pentastellati sottolineano che “alcune pretese della Lega sono diametralmente all’opposto di quanto noi abbiamo sostenuto in campagna elettorale”. L’atteggiamento di contrapposizione a Bruxelles, invece che essere ammorbidito dalle potenziali responsabilità di governo, viene invece esaltato dal Carroccio.
Non è un caso che al tavolo delle trattative abbiano mandato Claudio Borghi, un altro economista e deputato del partito di Salvini, autore di libri come ‘Basta euro’ e teorico dell’uscita dalla moneta unica. È lui, prima di sedersi alla riunione del gruppo di lavoro M5s-Lega, a dire che “c’è un po’ di disaccordo sull’essere più o meno aggressivi su numeri e ambizioni” del confronto con l’Ue. Addirittura arriva a mettere in discussione il cavallo di battaglia del Movimento 5 stelle: il reddito di cittadinanza. La lega non ha obiezioni, premette, “basta che ci siano le risorse per farlo, e la volontà di capire che queste risorse, se si tengono i vincoli attuali, specie quelli stringenti come il pareggio di bilancio, non si potranno mai trovare”.
Si litiga sull’Ue, dunque, e Salvini non si fa scappare la ghiotta occasione di tornare ad attaccare la Commissione europea. Stamane, il commissario per le migrazioni Dimitris Avramopoulos ha espresso la “speranza” che anche con il nuovo governo “non ci siano cambiamenti sulla linea della politica migratoria” italiana. “Dall’Europa ennesima inaccettabile interferenza di non eletti”, risponde il segretario leghista. “Noi abbiamo accolto e mantenuto anche troppo, ora è il momento della legalità, della sicurezza e dei respingimenti”, dice tornando ai toni da campagna elettorale. Segno che il ritorno alle urne non è ancora scongiurato.