Bruxelles – Sarà un vertice molto più ricco del previsto. I capi di Stato e di governo dell’Unione europea si vedranno mercoledì e giovedì a Sofia con un’agenda che si è caricata di molti più temi che i “soli” Balcani, cui l’incontro era in origine dedicato. Ma è un po’ inevitabile, quando i leader si incontrano sul tavolo finiscono un po’ tutte le urgenze.
In agenda, formalmente ci sono la prospettiva europea per i Paesi della regione, molti dei quali hanno già in piedi le procedure di adesione, poi la “connettività” con Ue e tra di loro di questi Paesi, il che vuol dire soprattutto l’importante tema delle infrastrutture, la sicurezza (anti-terrorismo, lotta alla radicalizzazione, controllo del ritorno dei foreign fighters, il contributo dei Paesi balcanici alla politica di sicurezza e difesa comune) e, ovviamente, la gestione dei flussi migratori con il contrasto a quelli irregolari. A margine del summit, ma sarà un margine molto invadente, si parlerà anche di agenda digitale, Accordo nucleare con l’Iran e relazioni commerciali con gli Stati Uniti.
Summit Balcani
Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha viaggiato a lungo nella regione e l’ha preparato bene. E’ la prima volta da quindici anni che l’Ue incontra i Paesi balcanici in questo formato (l’ultima volta fu a Salonicco). E non sarà l’ultimo meeting in questo formato, che verrà replicato durante la presidenza croata dell’Ue, nel 2020. Questo, spiegano fonti europee, “dimostra la volontà dell’Ue di impegnarsi bell’area”.
I messaggi che gli sherpa sperano escano dall’incontro sono in primo luogo la riconferma delle prospettiva Ue per i Balcani, che farà parte della dichiarazione a 28 che verrà adottata giovedì. La dichiarazione nella sua forma di bozza è già accettata dai partner balcanici. Certamente la questione delle prospettiva Ue è legata all’allargamento, sulla quale si deciderà al Consiglio europeo di giugno. “Abbiamo negoziati in corso con Albania e Fyrom”, l’ex repubblica jugoslava di Macedonia, ricordano a Bruxelles, e “a Sofia sarà importante concentrarsi su questioni comuni che non hanno a che fare con il processo di allargamento, come la stabilità della regione”, spiegano i prudenti funzionari che lavorano al dossier.
Nei Balcani ci sono storie di successo, come la demarcazione dei confini tra Kosovo e Serbia, i nuovi trattati tra Bulgaria e Fyrom, ma permangono ancora tensioni serie, come all’interno della Bosnia-Erzegovina (tra comunità bosgnacca, serba, croata) e tra Serbia-Kosovo.
Poi c’è la grande questione che Spagna, Grecia, Slovacchia, Romania e Cipro non riconoscono il Kosovo. “Quindi in tal senso il summit è di per sé una sfida”, ammettono gli sherpa. Per ora, da quello che è noto, sarà soltanto uno il leader a non partecipare, il premier spagnolo Mariano Rajoy, che sarà comunque rappresentato. “Non abbiamo mai avuto grandi aspettative sulla partecipazione di Rajoy. Non è una questione di richieste da parte sua – spiega un funzionario di rango – era chiaro fin dall’inizio che per via della posizione della Spagna sullo status del Kosovo Rajoy non avrebbe voluto partecipare. Ciò nonostante avremo una dichiarazione a 28, Spagna inclusa, e da parte degli altri che non riconoscono il Kosovo”.
C’è un Paese che vorrebbe chiamarsi Macedonia e con invece si chiama Fyrom (ex repubblica jugoslava di Macedonia, nell’acronimo in inglese) perché la Grecia non cede sul nome, che ritiene “suo” (c’è una regione della repubblica ellenica che già si chiama Macedonia). I leader di Grecia e Fyrom si incontreranno a livello bilaterale a margine del summit, e oggi Tusk ha sentito il premier Alexis Tsipras. “Sulla questione del nome non siamo ancora al lieto fine – spiegano a Bruxelles -, ma vediamo buoni progressi nella volontà di discuterne. La soluzione va trovata, perché sarebbe fondamentale per il vertice di giugno per decidere sull’allargamento”. Per il momento “quello che attendiamo sono segnali positivi a livello di negoziati bilaterali Atene-Skopje. Sono i rappresentanti dei due governi coloro che possono dire meglio qual è lo stato di avanzamento delle negoziazioni, ma i segnali che arrivano dalle due capitali ci sembrano buoni”.
Cena dei leader
Mercoledì, alle 19:30, ci sarà la cena, dove si parlerà di innovazione digitale, Iran e commercio.
Il primo tema, tutto sommato, è il meno complesso. Ci sarà un focus sul Consiglio europeo per l’innovazione, da istituire sulla falsa riga dell’agenzia americana incaricata di finanziare l’innovazione e ci sarà una discussione sullo scandalo Cambridge Analytica.
Più delicato il tema dell’Accordo con l’Iran. Tusk chiederà ai leader di Gran Bretagna, Francia e Germania di fare una presentazione della situazione. Il messaggio sarà, anticipano i funzionari a Bruxelles: “finché l’Iran rispetterà l’accordo, l’Ue farà altrettanto. Per noi rispettare l’accordo significa che cercare di salvaguardarne i benefici economici”. Il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker e l’alta rappresentante Federica Mogherini presenteranno le opzioni possibili per fare da scudo agli interessi economici bilaterali. Il meeting non produrrà la strategia per proteggere le imprese Ue, ma certamente c’è l’accordo sul fatto che gli interessi economici europei vanno protetti. “Non c’è una sola soluzione magica – ammetto fonti dell’Unione -. Ci sarà un pattern di opzioni Ue e nazionali, che potrà richiedere del tempo per produrre una soluzione organica e definitiva”.
Poi c’è il tema del commercio: nelle relazioni con gli Stati Uniti c’è ancora una deroga temporanea ai dazi su alluminio e acciaio. Domani la Commissione dovrebbe fare una presentazione sullo stato delle cose e l’ambizione di Tusk è sgombrare il campo da ambiguità e avere una posizione comune a 28 per una strategia di risposta alle scelte americane. Si discuterà di come confrontarsi con l’amministrazione di Donald Trump. “Non vogliamo negoziare con la pistola puntata alla tempia – ribadiscono a Bruxelles -, ma vogliamo un confronto franco, vero. E’ chiaro a tutti che l’obiettivo dell’Ue non è una guerra commerciale, ma avere discussioni che portino a un meccanismo flessibile nel rispetto delle regole del Two. Il nostro messaggio è ‘let’s make trade, not trade war’” (facciamo commercio, non guerra commerciale).
Paolo Gentiloni dovrebbe fare in tempo a partecipare ancora a questo summit prima che arrivi un nuovo premier in Italia. Non si esclude che, oltre ai saluti, faccia una breve informativa ai colleghi su quel che sta succedendo nel suo Paese.