Roma – Si chiude con un altro rinvio il nuovo giro di consultazioni convocato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella per la formazione del governo. La buona notizia è che potrebbe essere l’ultimo. Quella brutta è che non si sa quanto durerà. Infatti, il capo politico del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, ha chiesto al capo dello Stato “qualche giorno” in più per definire il contratto di governo e, poi, per sottoporlo agli iscritti del movimento attraverso la piattaforma online Rousseau. Sarà quello “il voto che farà decidere se far partire questo governo, con questo contratto, oppure no”, ha indicato il leader pentastellato. Il segretario federale del Carroccio ha invece chiesto “qualche ora” in più, facendo chiaramente capire che la divergenza non riguarda solo i tempi, ma riguarda anche dei “punti importanti” del programma.
Il leader pentastellato è apparso ottimista e “orgoglioso delle interlocuzioni che ci sono state fino ad ora”. È “soddisfatto dal clima che si respira”, ed è merito dei “punti che si stanno portando a casa: sul reddito di cittadinanza, sulla legge Fornero, sul taglio agli sprechi, sui beni comuni come l’acqua pubblica, sulla lotta alla corruzione, sul carcere per chi evade il fisco”, elenca Di Maio. Le richieste pentastellate, a giudicare dal suo umore, non fanno molta fatica a essere condivise dal Carroccio. Qualche problema in più, come suggerisce il nervosismo di Salvini all’uscita dello Studio alla Vetrata del Quirinale, sembra emergere quando si tratta di far digerire ai 5 stelle le proposte leghiste.
“L’ultima cosa che vogliamo fare è prendere in giro il presidente e gli italiani, dicendo che c’è condivisione su tutto quando ancora, su qualche punto importante, ci sono delle visioni diverse”, ha dichiara il segretario della Lega. Infrastrutture, legge sulla legittima difesa e immigrazione tra gli argomenti su cui manca l’intesa. Sui migranti “le posizioni di M5s e Lega partono da una notevole distanza”, perché “se parte il governo la Lega deve avere mano libera per tutelare la sicurezza dei cittadini italiani” e contrastare il “business” che ruota attorno agli sbarchi irregolari. Su questo, i metodi leghisti – già condannati in passato in sede europea, come i respingimenti voluti dall’allora ministro degli Interni Roberto Maroni – non convincono i pentastellati.
Altra questione “centrale” per Salvini è la giustizia, e “anche su questo partiamo da posizioni differenti”, confessa. E non è un caso che, proprio su questo punto, ricordi di essere “qui non solo nella veste di segretario della Lega, perché uno dei presupposti” per sedersi al tavolo con Di Maio “era che non si rompesse l’alleanza di centrodestra”. Segno che sulla giustizia il peso dell’alleato di Forza Italia, Silvio Berlusconi, si fa sentire.
Divergenze emergono anche su “un argomento delicato: la nuova posizione dell’Italia in Europa”, riferisce il leader del Carroccio. Il Movimento 5 stelle si sta accreditando di un atteggiamento responsabile nei confronti dell’Ue. Il loro obbiettivo rimane quello di negoziare nuove regole per l’economia con i partner europei, ma con l’intenzione di rimanere nell’alveo del confronto e non dello scontro. Più incline al muro contro muro Salvini, che parla di “sbloccare vincoli e regole esterne” (leggi tetto del 3% al rapporto deficit/Pil) che a suo avviso non consentono interventi “per la sicurezza e la dignità del lavoro” e per mettere a posto il patrimonio edilizio scolastico. “O riesco a dare vita a un governo che ridiscute questi vincoli esterni”, ammonisce, “o non cominciamo neanche”.
Difficile dire se e esita davvero una divergenza così marcata sui programmi, o se l’uscita di Salvini serva solo a contrattare qualche concessione in più. Il sospetto che si tratti di tattica è alimentato dalla velata minaccia lanciata dal leader leghista al termine dell’incontro con Mattarella. “Stiamo facendo uno sforzo enorme, perché se ragionassimo per convenienza politica non saremmo qua”, ha sottolineato richiamando i sondaggi che consiglierebbero al suo partito di tornare alle urne per avere un risultato migliore di quello del 4 marzo.
C’è poi un’ulteriore interpretazione dei motivi del rinvio: l’intesa sul nome del presidente del Consiglio. Entrambi giurano “stanno cambiando i riti della politica e prima si discutono i temi”, per dirla con Di maio, e che “non ci stiamo scannando sui nomi”, per citare Salvini. Tuttavia, ieri i due avevano lasciato intendere di aver trovato un accordo sul nome da portare a Mattarella, ma uscendo dal colloquio col capo dello Stato, Di Maio ha riferito di essere d’accordo con la controparte di non fare nomi in pubblico. Segno che l’accordo ancora non c’è, oppure che, se anche era stato raggiunto, il Colle lo ha bocciato e dunque bisognerà trovare un’alternativa. Che sia sul programma o sul nome del premier, il confronto è destinato comunque a risolversi in tempi rapidi. Giorni, o addir