Roma – Ancora 24 ore per provare a fare un esecutivo politico retto da una maggioranza M5s-Lega. È la richiesta avanzata dai leader dei due movimenti, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, al capo dello Stato Sergio Mattarella, che l’ha accolta nella speranza dia i frutti sperati di produrre finalmente un esecutivo nel pieno delle funzioni. Il buon esito della trattativa tra il Movimento 5 stelle e la Lega è però legata a Berlusconi. Il benestare del capo di Forza Italia è infatti necessario perché Salvini si imbarchi in un contratto di governo con i 5 stella senza rompere la coalizione di centrodestra, con la quale Lega e Fi governano in molte amministrazioni regionali e locali.
Non sembra cambiato nulla da quando questo si presentava come lo scenario più probabile. In realtà, dopo l’accerchiamento a tenaglia con cui Di Maio e Salvini hanno stretto l’ex cavaliere dicendosi entrambi disposti a votare l’8 luglio ha sortito degli effetti. Forza Italia è il partito che più di tutti – forse anche più del Pd – ha interesse a scongiurare un rapido ritorno alle urne. Il rischio è perdere ulteriore consenso in favore dell’alleato leghista. Lo sanno bene i parlamentari azzurri, molti dei quali vedono a rischio l’eventuale riconferma e così premono sul loro leader affinché faccia quel ‘passo di lato’ necessario perché nasca un esecutivo giallo-verde e si allontani il voto.
Pressioni che potrebbero convincere Berlusconi, se non a dare un appoggio esterno all’esecutivo, almeno a scegliere l’astensione. Questa posizione consentirebbe di evitare la rottura con l’alleato leghista. Forza Italia starebbe fuori dal governo e deciderebbe provvedimento per provvedimento se votare a favore o contro, esercitando quella che il governatore della Liguria Giovanni Toti definisce una “critica benevola” nei confronti di un governo M5s-Lega. “Ho parlato col presidente Berlusconi e penso si possa andare in quella direzione”, ha dichiarato Toti.
Ulteriori segni di apertura arrivano da Paolo Romani, senatore forzista, secondo il quale “forse vale la pena che si sperimentino in un governo giallo-verde, vediamo cosa ne può uscire”. Uscendo da una riunione con i suoi colleghi di partito a Palazzo Madama, l’ex capogruppo azzurroricorda anche che “ci sono illustri precedenti, come il governo Letta e il governo Monti, dove all’interno del centrodestra abbiamo assunto posizioni diverse senza rompere la coalizione”. Allora fu la Lega a non appoggiare quegli esecutivi. Adesso la scena si ripeterebbe a parti invertite, ma sarebbe solo una conferma che quella di centrodestra è una ‘coalizione elastica’, con le sue componenti in grado di allontanarsi in modo netto – vedi le dichiarazioni di guerra di Salvini contro Berlusconi durante i governi Monti e Letta – ma di tornare rapidamente unite in prossimità di scadenze elettorali.
In attesa che Berlusconi si pronunci, gli altri nodi da sciogliere per la nascita di un esecutivo giallo-verde riguardano chi jandrà a palazzo Chigi – oltre ovviamente ai nomi di tutti gli altri ministri – e del programma di governo che, nelle intenzioni di Di Maio e Salvini dovrà contenere impegni precisi e un calendario della tempistica con cui verranno realizzati. Ma sono questioni di cui, almeno ufficialmente, leghisti e pentastellati dicono di non aver ancora parlato per evitare fughe in avanti prima che Berlusconi si pronunci.