Bruxelles – Gli Stati Uniti cancellano l’accordo sul nucleare iraniano. Il presidente statunitense Donald Trump giudica il piano d’azione congiunto globale (Jcpoa) “una decisione sbagliata”, che non ha garantito la pace e va allo scontro con la repubblica islamica e i partner internazionali. L’Europa è decisa ad andare avanti, ma Teheran non accetta il ripensamento americano. Il presidente iraniano Hassan Rohani si dice pronto a tornare ad arricchire l’uranio, processo che può portare alla realizzazione dell’atomica.
La decisione di Trump
Il presidente degli Stati Uniti sconfessa le decisioni di politica estera del suo predecessore, Barack Obama, e sferra un attacco frontale al regime degli ayatollah. “L’Iran è il principale sponsor mondiale del terrorismo. Continua a sviluppare i suoi missili e a destabilizzare il Medio Oriente”. Trump aggiunge poi di avere “la prova definitiva che la promessa di non sviluppare le armi atomiche era una bugia”, e questo è per l’inquilino della Casa Bianca la prova che il il piano d’azione congiunto globale non impedisce agli iraniani di costruire armi nucleari”. Da qui la decisione di uscirne.
Le accuse di Israele e gli equilibri regionali
La decisione segue le accuse di Israele. Il premier dello Stato ebraico, Benjamin Netanyahu, ha pubblicamente detto nei giorni scorsi che dal 2003 Teheran lavora segretamente alla realizzazione della bomba atomica. Sono queste le prove defintive cui fa riferimento Trump. Gli Stati Uniti sposano la tradizionale politica filo-israeliana, con una mossa che premia gli interessi di Israele ma che rischia di destabilizzare la regione.
Israele ha sempre visto l’accordo sul nucleare iraniano con preoccupazione. Lo Stato ebraico vive la normalizzazione dei rapporti tra Iran e resto del mondo come rischio per le propria sicurezza e sopravvivenza. Tel Aviv teme un maggiore accerchiamento iraniano. Già adesso si ritiene che l’Iran controlli il libano con Hezbollah, abbia influenze in Iraq e in Yemen. Gli interventi delle forze armate israeliane in Siria sono lì a dimostrare che Israele non tollera altre ingerenze nella regione. Un Iran libero da sanzioni e capace di muoversi è un qualcosa che a Israele non piace.
Una normalizzazione delle relazioni tra Iran e comunità internazionale non piace neppure all’Arabia Saudita, che grazie all’embargo all’Iran ha costruito la propria fortuna geopolitica nell’area e non solo. La fine dell’embargo contro Teheran mette in crisi l’economia saudita, che tutto o quasi deve al petrolio. Un aumento dell’offerta dovuta all’immissione sul mercato del greggio iraniano vuol dire far crollare il prezzo del barile, e far emergere economicamente un grande Paese, concorrente diretto per l’egemonia dell’area.
Trump contro Iran, tensione con l’Ue e partner Onu
Niente distensione, non più almeno. Tutte le sanzioni che esistevano prima dell’intesa del 2015 tornano in vigore, e “colpiranno anche chi aiuterà la Repubblica islamica a sviluppare i suoi programmi”, sostiene Trump. Nella logica per cui ‘gli amici dei miei nemici sono miei nemici’, allora vuol dire che l’Unione europea deve prepararsi allo scontro con Trump.
A livello diplomatico lo scontro si presenta inevitabile. Dal Parlamento europeo a dare dell’”irresponsabile” a Trump sono i gruppi dei Verdi e dei socialdemocratici (S&D). Neppure la Commissione gradisce. “Quello sul nucleare iraniano non è un accordo bilaterale, e nessun singolo Paese terminarlo a livello unilaterale”, sostiene l’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Federica Mogherini, che offre a Teheran le garanzie che gli Stati Uniti hanno fatto venir meno. “Fintanto che l’Iran continuerà ad attuare gli impegni come fatto finora, l’Ue resterà fedele agli accordi”.
Per parte europea parlano anche i leader di Francia, Germania e Regno Unito, gli Stati membri Ue parte dei sestetto che nel 2015 – assieme a Cina, Russia e Stati Uniti – trovarno l’accordo sul nucleare iraniano. Emmanuel Macron, Angela Merkel e Theresa May ribadiscono l’importanza dell’accordo e invitano a tener fede agli impegni. Ricordano anche che il Jcpoa “è stato approvato all’unanimità dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nella risoluzione 2231”. Adesso un membro permanente del Consiglio di sicurezza, per di più con potere di veto, rimette tutto in discussione. I ministri degli Esteri di Francia, Germania e Regno Unito sono stati incaricati di intessere già da ora l’attività diplomatica con Teheran.
Iran con l’Ue, ma pronto ad arricchire l’uranio
L’Iran resta fedele all’Europa, agli altri partner del sestetto, e agli impegni assunti in sede internazionale. Per ora. Ufficialmente la repubblica islamica intende andare avanti anche senza gli Stati Uniti, ma l’impegno iraniano è a tempo. Chiede a questo punto di rinegoziare le regole di un gioco interrotto dalla Casa Bianca. Ma, avverte il presidente iraniano Rohani, “non c’è molto tempo per iniziare i negoziati per mantenere in piedi” l’accordo. L’Agenzia atomica nazionale è in stato di pre-allerta: è stato ordinato di tenersi pronta a “riprendere l’arricchimento dell’uranio già nelle prossime settimane”. Una mossa che nessuno vorrebbe.
La prossima settimana i leader dell’Ue si ritroveranno a Sofia per il vertice sui Balcani. Sarà l’occasione per una sessione extra sull’Iran e su una regione, il Medio Oriente, improvvisamente ancora più instabile.