Di Michele Valente
L’agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile (2015) delinea nel suo programma d’azione 17 obiettivi-chiave volti a “costruire economie dinamiche, sostenibili, innovative e incentrate sulle persone“, al fine di “promuovere la comprensione interculturale, la tolleranza, il rispetto reciproco, insieme a un’etica di cittadinanza globale e di responsabilità condivisa“. Centrale nel processo d’integrazione politico-istituzionale dell’Unione europea, la sostenibilità socio-economica e ambientale è ritenuta preminente soprattutto nella policy territoriale: il Fondo europeo per lo sviluppo regionale (1975) è il principale strumento finanziario sovranazionale per la cooperazione, oggi incentrata su ricerca, agenda digitale, sostegno alle piccole e medie imprese, così come per la valorizzazione delle specificità locali, con “azioni integrate” coordinate dagli enti urbani.
A partire dagli anni ’90, crescenti complessità legate all’interdipendenza economica, maggiore responsività richiesta dal cambiamento climatico, decentramento amministrativo, hanno imposto politiche regionali ispirate al “think globally, act locally“: dapprima il Trattato di Maastricht (1993), definendo come pilastri la rappresentanza politica (Comitato delle regioni) e la riduzione degli squilibri territoriali (Fondo di coesione), successivamente, le strategie di Europa 2020, “per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva“. Nel periodo 2014-20, l’Ue ha stanziato fondi per la coesione regionale e la crescita sostenibile (pari al 34% e al 37% del budget complessivo), puntando su competenza e innovazione nei processi produttivi: nella Politica agricola comune (Pac), investimenti in formazione (4 milioni gli agricoltori beneficiari), sostegno alle aree rurali (infrastrutture e ICT), sicurezza e qualità (regimi normativi) hanno rafforzato un settore con circa 11 milioni di aziende e oltre 44 milioni di impiegati nell’intera filiera agroalimentare.
Nel quadro finanziario pluriennale 2021-27, recentemente proposto dalla Commissione europea, tuttavia, si registra un’inversione di tendenza. “Il taglio dei fondi destinati all’agricoltura nel bilancio dell’Ue (circa il 5%, ndr) –commenta Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti-, è insostenibile per le imprese e per i cittadini europei che per il 90% sostengono la politica agricola a livello comunitario per il ruolo determinante che essa svolge per l’ambiente, il territorio e la salute“. Fattori demografici e climatici impongono un’efficiente gestione delle risorse naturali e modelli di sviluppo partecipativi (come l’approccio LEADER): la rete europea per lo sviluppo rurale ha rivolto attenzione alla sostenibilità sociale, coinvolgendo molti immigrati residenti in Europa in attività e servizi promossi dai gruppi di azione locale (GAL) nelle comunità d’accoglienza.
Come emerge dalle conclusioni del progetto Cohesify (programma Horizon 2020), si riscontra un impatto positivo dell’informazione, su social network e media news, circa l’apprezzamento delle politiche di coesione, che “migliora la percezione dei vantaggi” dell’integrazione europea.