Bruxelles – Se le politiche di gestione del fenomeno migratorio sono insufficienti è colpa degli Stati membri, colpevoli di essere ambiziosi forse a parole ma non certamente nei fatti. Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, rivendica quanto fatto finora dall’esecutivo comunitario, e tiene a distribuire responsabilità e, di conseguenza, colpe.
“La Commissione propone, gli Stati decidono”, ricorda Juncker parlando davanti al Parlamento vallone. Sulla base del principio su cui si fonda il funzionamento dell’Ue, per Juncker va tenuto a mente che “la Commissione ha presentato la proposta di riforma del sistema comune di asilo due anni fa”. Dopo due anni non è stato fatto nulla. “Il Consiglio tenta di trovare un accordo”.
Divisioni e divergenze contraddistinguono il dibattito comunitario sul temi immigrazione. Si vorrebbe una riscrittura del regolamento di Dublino, il testo che disciplina il sistema comune di asilo, entro fine giugno. Sono però in pochi a ritenere che sia possibile.
Non è un problema di quote. Juncker ricorda ai deputati valloni che era stato preso un impegno anche in campo economico. E’ previsto un trust-fund per l’Africa, che però è vuoto. “Gli Stati avevano promesso 2,5 miliardi di euro, oggi abbiamo appena 342 milioni”. E che dire del piano per gli investimenti in Africa? Il progetto per il sostegno al tessuto socio-economico dei Paesi da cui partono i migranti prevedeva che Commissione europea investisse 4,4 miliardi, e i governi altrettanto. “Restiamo ancora a 4,4 miliardi”, critica Juncker.
“Dire che non siamo ambiziosi non corrisponde a quello che vedo tutti i giorni”, continua il presidente della Commissione europea. L’ambizione a livello europeo c’è. E’ nella capitali che queste ambizioni si perdono. Motivi politici e ristrettezze economiche frenano le politiche di Bruxelles. Un errore, secondo Juncker. “Bisogna colpire le cause dell’immigrazione, agire prima che le persone lasciano il Paese”. Tutto questo “certamente ha un costo” in termini economici, ma ma non sostenerlo vuol dire trovarsi a gestire situazioni ancor più problematiche. Ora è tempo per le capitali di mostrare le carte in tavola. “La Commissione propone, gli Stati decidono”.