Bruxelles – Gli Stati Uniti sperano di raggiungere un accordo con Gran Bretagna, Francia e Germania per rispondere alle preoccupazioni del presidente Donald Trump sull’accordo sul nucleare siglato con l’Iran del 2015, ha detto giovedì l’ambasciatore per il Disarmo di Washington Robert Wood a Ginevra.
L’accordo, concluso tra Iran e sei grandi potenze – Gran Bretagna, Cina, Francia, Germania, Russia e Stati Uniti – prevedeva che Teheran avrebbe posto delle limitazioni al suo programma nucleare in cambio del ritiro dalle sanzioni internazionali che avevano messo in ginocchio la sua economia.
Contrario all’accordo concluso dal suo predecessore Barack Obama, Trump aveva fatto avere un ultimatum a Gran Bretagna, Francia e Germania lo scorso 12 gennaio, minacciando di riattivare le sanzioni statunitensi in caso di mancata correzione, entro il prossimo 12 maggio, dei “terribili difetti dell’accordo”.
L’Iran e l’Unione europea hanno più volte escluso una rinegoziazione.
Wood ha dichiarato, durante la conferenza per il Disarmo svoltasi giovedì presso la sede delle Nazioni Unite a Ginevra, che le discussioni con le tre potenze europee sono state “intense” in vista della scadenza del 12 maggio.
Le principali preoccupazioni espresse da Washington riguardano il mancato rispetto del programma iraniano sui missili balistici, il comportamento generale dell’Iran in Medio Oriente e le clausole “del tramonto” a 10 anni per i limiti della sua attività nucleare.
Tale clausola indica che l’accordo è a tempo determinato, una prassi che, secondo i detrattori, non viene mai utilizzata nei negoziati internazionali per il disarmo.
“Questi problemi devono essere affrontati. Siamo fiduciosi che un accordo con il quale il Presidente possa sentirsi a proprio agio possa essere raggiunto”, ha detto Wood durante la conferenza stampa a Ginevra.
Dagli Stati Uniti viene anche un’altra richiesta, quella di un mandato più ampio per gli ispettori delle Nazioni Unite dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) incaricati di visitare i siti iraniani, a prescindere dalla natura – civili o meno – degli stessi siti.
“Vogliamo che l’Aiea abbia accesso a tutti i siti di cui ha bisogno. Gli iraniani offuscano e negano, dicono che offriranno l’accesso e poi lo negano. È importante che l’agenzia possa accedere ovunque, inclusi i siti militari”, ha affermato Wood.
L’Iran, che si è impegnato con l’accordo del 2015 a non fabbricare armi atomiche, afferma che il suo programma nucleare è solo per scopi pacifici e che i suoi missili balistici sono destinati esclusivamente alla difesa.
Teheran ha spiegato che aderirà all’accordo fino a quando le altre parti lo faranno, ma che lo “troncherà” se Washington dovesse decidere di ritirarsi.
Intanto nell’Ue si continua a discutere se applicare o meno nuove sanzioni non-nucleari all’Iran, come proposto da Gran Bretagna, Francia e Germania nei mesi scorsi come un modo per dissuadere Trump dal recedere dall’accordo del 2015.
Le sanzioni dovrebbero riguardare una quindicina di personalità ed entità iraniane che hanno a che vedere con l’attività di disturbo che Teheran sta mettendo in atto in Siria.
Al termine del Consiglio Affari esteri di lunedì, l’alta rappresentante per la Politica Estera Federica Mogherini aveva detto che, nell’Ue, ostacoli alle sanzioni “non ce ne sono” ma che è in atto una “discussione sugli elementi politici e giuridici e un dibattito interno a livello di stati membri”.
Tuttavia, aveva precisato il capo della diplomazia Ue a Lussemburgo, le sanzioni sono da considerarsi come “relative al conflitto siriano, non al nucleare” dal momento che “le due questioni sono separate”.