Roma – “L’Italia deve prendersi le sue responsabilità per evitare che l’opzione ‘fine dell’Europa’ si manifesti in modo concreto”. È l’appello che il ministro dell’Economia dimissionario, Pier Carlo Padoan, rivolge al suo successore e all’esecutivo che verrà. Intervenendo a un dibattito sul Quadro finanziario pluriennale dell’Ue, il titolare di Via XX Settembre ha sottolineato che “l’Europa è, che lo voglia o no, impelagata in un processo di trasformazione istituzionale senza precedenti”. E se la discussione sulle risorse finanziarie partirà il 2 maggio prossimo – con la presentazione della proposta dell’esecutivo comunitario, come ha ricordato aprendo l’evento Beatrice Covassi, capo della Rappresentanza della Commissione europea in Italia – nel Consiglio europeo di giugno si affronterà non solo questo tema, ricorda Padoan. Oltre che di bilancio, dunque, bisogna parlare “inevitabilmente anche di ciò che sarà o non sarà dell’unione bancaria”, dice il ministro, “di ciò che sarà o non sarà della dimensione fiscale dell’Unione e di ciò che sarà o non sarà della dimensione di solidarietà” dell’Ue.
Sul bilancio, vero tema dell’incontro, Padoan si sofferma solo per ribadire il concetto più volte espresso che se esistono dei “beni pubblici europei” come la gestione dei flussi migratori, il controllo dei confini e la difesa comune, servono risorse europee per garantirli. Su come reperirle preferisce sorvolare. È convinto che per alcune misure, ad esempio l’adozione di un meccanismo comune di assicurazione contro la disoccupazione ciclica, “più che chiedersi quanto costa bisogna domandarsi se ci serve”. Ovviamente “la risposta è sì”, perché si tratta della “naturale evoluzione dell’Unione economica e monetaria”, che va compiuta con “il completamento dell’unione bancaria, e dando alla dimensione monetaria un sostegno di tipo fiscale, altrimenti gli aggiustamenti di fronte a un choc” finirebbero per colpire “in primo luogo, come insegna l’esperienza, il mercato del lavoro”.
Unione bancaria, meccanismo di stabilizzazione contro le crisi e futura architettura istituzionale sono temi sui quali si stanno delineando tre schieramenti, indica l’esponente dell’esecutivo dimissionario. Da un lato il blocco dei paesi convinti “che la riduzione del rischio è molto più importante della condivisione, che bisogna farne assolutamente di più, che le regole fiscali devono essere rigorose, non ci deve essere flessibilità”. Dall’altro quelli “mediterranei” in cui c’è anche l’Italia, che “hanno in comune il fatto di aver attraversato una crisi molto difficile e ne sono usciti”, dimostrando che “pur con un grande costo economico e sociale l’Europa ha tenuto”. In mezzo il blocco dei tre “grandi paesi fondatori: Germania, Francia e Italia, che insieme sono in grado di indirizzare fortemente il destino dell’Europa, ma che di fatto non stanno fornendo sufficiente leadership”. Se i primi due blocchi continueranno a scontrarsi senza che il terzo riesca a evitare l’attrito, è il ragionamento di Padoan, sarà la conclusione del percorso comune europeo. Per questo il ministro ritiene che il nostro paese debba giocare un ruolo importante e “prendersi le sue responsabilità per evitare che l’opzione di fine dell’Europa si manifesti in modo concreto”. Responsabilità che non si sa se il prossimo inquilino di Palazzo Chigi, ancora ignoto, vorrà assumersi.