Dall’inviato
Strasburgo – Un discorso ambizioso, di rilancio politico dell’Unione europea, di centralità del progetto comune. Non entra nel dettaglio Emmanuel Macron, ma il presidente francese convince l’Aula del Parlamento europeo con le sue visioni di principio sul futuro dell’Europa che vanno in direzione di un nuovo impulso al progetto comune. Ma parte ammonendo l’uditorio: “Ci troviamo in un contesto in cui una forma di guerra civile europea si affaccia, con i nostri egoismi nazionali che appaiono più importanti di ciò che ci unisce di fronte al mondo”.
La risposta deve essere politica e culturale, innanzitutto. “La democrazia europea è la nostra migliore chance. Il nostro errore peggiore sarebbe quello di abbandonare il nostro modello”. La risposta è in più risorse economiche per il funzionamento dell’Ue, con risorse proprie per l’agenda digitale e la sostenibilità. E soprattutto è in maggiore sovranità politica dell’Ue, “complementare ma non sostitutiva” di quella nazionale.
“Non possiamo continuare a rifiutarci di parlare d’Europa e ad accusare Bruxelles di tutti i mali”. Macron promette di lavorare per invertire questa tendenza. “Dobbiamo costruire un attaccamento all’Europa che dia risposta alle domande dei cittadini. Se decidiamo di abbondare il nostro impegno per la democrazia commettiamo un errore”.
Il centralismo europeo di Macron passa per le tante sovranità che l’inquilino dell’Eliseo reclama per l’Unione europea. Invoca sovranità “politica, climatica, digitale, di bilancio e di alimentazione di qualità” per l’Europa. Chiede in tal senso “una sovranità europea più forte, aggiuntiva e non sostitutiva” di quelle nazionali. Un salto di cui “abbiamo bisogno”, perché l’Europa è di fronte a tante sfide.Una di queste è quella dell’immigrazione. “Di fronte grandi crisi come queste abbiamo bisogno di una risposta comune, perché quelle nazionali non sono sufficienti”.
E’ la crisi dei valori a preoccupare il leader francese. “Il contesto in cui ci troviamo è di divisione e dubbio in seno all’Europa, un dubbio che rimette in dubbio ciò che sembrava essere incontestabile”. E’ il dubbio circa l’Unione europea e il progetto d’integrazione. La Brexit ne è la rappresentazione più evidente, ma ci sono tante forze che lavorano in senso disgregativo. “Stanno venendo a galla i nostri egoismi nazionali”, avverte.
Macron evita nomi e cognomi, ma non si tira indietro. “Non sono i popoli ad aver abbandonato l’idea europea, è il tradimento dei chierici che la minaccia”. Critiche ai leader, quali è facile indovinarlo. “Di fronte all’autoritarismo che dappertutto ci circonda la risposta non è la democrazia autoritaria bensì l’autorità della democrazia”. Esternazioni che, lette tra le righe, si dirigono a est, direzione Ungheria e Polonia, Paesi dai governi muscolari oggetto di braccio di ferro con la Commissione europea per il rispetto dello Stato di diritto.
Di fronte a quanti non intendono investire sull’Unione europea, Macron si assume pubblicamente l’impegno di mettere più risorse nazionali per permetterne il funzionamento. La Brexit porrà problemi di bilancio, che la République intende contribuire a risolvere. In un dibattito preliminare orientato verso una nuova lista di priorità, Macron prova a sovvertire le logiche del dibattito stesso. “Non dobbiamo rivedere l’ambizione delle politiche esistenti, ma aggiungere quella che serve per le nuove politiche” che si dovranno finanziare.
Cita l’agenda digitale, la sicurezza delle frontiere e l’immigrazione. Su quest’ultimo tema Macron si dichiara “a favore di programma europeo che finanzia le comunità locali che accolgono i rifugiati”. Un regalo all’Italia, dove i richiedenti asilo arrivano, e una soluzione per la Francia, dove non si vuole che i richiedenti asilo arrivino. E’ quello che il capogruppo dei conservatori europei (Ecr), Syed Kamall, definisce “il male che si annida nei dettagli” di proposte comunque condivise a livello generale.
Nel principio, Macron conquista Strasburgo. Tutti i principali gruppi gli riconoscono lo spirito pro-Europeo, tanto che il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, arriva a sottolineare che “la vera Francia è tornata”. Il capogruppo dei socialdemocratici (S&D), Udo Bullmann, non può fare a meno di constatare la penuria di statisti votati all’Europa. “Vorrei vedere altri leader così pro-europei come lei”. Parole che certificano la presenza di troppi di quei rappresentanti degli ordini maggiori (i chierici, per dirla alla Macron), che di fronte all’Ue indietreggiano.
Il presidente della Repubblica francese intende “avanzare” con tutti. “Ho a cuore le relazioni con la Germania, ma questo non vuol dire che è la sola cosa a cui tengo. E’ la storia che ha dimostrato che senza intese tra il mio Paese e la Germania l’Europa non avanza”. Si dice disposto a farsi carico della riforma del processo decisionale europeo. Vuol dire “sì a più maggioranza qualificata”. Ciò che molti temono, per via di un asse franco-tedesco visto come troppo trainante. Macron assicura di voler lavorare con tutti, accreditandosi come leader vero, francese ed europeo. Sa che non potrà mai avere l’approvazione di tutti, perché consapevole che “ci sono divisioni all’interno dei Paesi membri”. Eppure, “all’interno di queste divisioni c’è un modello comune”, modello che la Francia macroniana, almeno nelle intenzioni, non intende abbandonare.