Bruxelles – La Commissione europea ha presentato il 12 aprile una proposta per tutelare i piccoli produttori della filiera alimentare contro le pratiche scorrette dei grandi distributori.
L’idea dell’esecutivo comunitario è quella di incaricare le autorità degli stati membri di vigilare su – ed eventualmente sanzionare – una serie di scorrettezze, che vanno dai pagamenti tardivi alle cancellazioni degli ordini all’ultimo momento.
Con la proposta, la Commissione vuole tutelare le Pmi e gli agricoltori, che, nonostante i rischi di perdite e sprechi ai quali la produzione agricola – diventata col tempo più “orientata al mercato” – li espone, sono privi di potere contrattuale nei confronti dei distributori.
La proposta – ha spiegato il Commissario per l’Agricoltura Phil Hogan – ha come obiettivo di non far gravare “il rischio e lo spreco del cibo sui produttori”, che sono “l’anello più debole della catena della fornitura alimentare”,
Secondo il Vicepresidente della Commissione Jyrki Katainen la direttiva vuole porre un argine agli “squilibri nel potere contrattuale” della filiera alimentare a sfavore di PMI e agricoltori, che “compromettono la vitalità economica degli operatori”.
Unanime il plauso dalle Ong e dalle associazioni di agricoltori alla proposta, con Marc-Olivier Herman di Oxfam che ha dichiarato che la mossa della Commissione mira a “ottenere un accordo più equo per i prodotti degli agricoltori” e il direttore della Federazione internazionale dei movimenti per l’agricoltura biologica (Ifoam) Eduardo Cuoco che ha parlato di un “primo passo avanti per assicurare giusti prezzi per i produttori”.
Il presidente di Federalimentare Luigi Scordamaglia ha accolto con favore la proposta, rammaricandosi tuttavia del fatto che il campo di applicazione della direttiva riguardi “solo le sole Pmi fornitrici e non si sia esteso a tutta la filiera, senza limitazioni di grandezza”.
Anche dal Parlamento europeo – dove la direttiva è stata presentata questa mattina dal Commissario Hogan – provengono reazioni positive, anche se alcuni eurodeputati vorrebbero di più, come il tedesco dei Verdi Martin Hausling che, pur riconoscendo la liceità dell’iniziativa, ha dichiarato che “lo squilibrio nelle relazioni tra piccole imprese e grandi monopoli” rimane un “problema irrisolto”.
Le grandi compagnie dei distributori, dal canto loro, criticano la proposta, giudicandola possibile fonte sia di tattiche processuali scorrette che di scompiglio tra i sistemi giuridici dell’Ue e degli Stati membri.
François Soulmagnon, direttore generale di Afep, l’associazione francese delle grandi aziende, sostiene che “esporre le imprese in Europa a un massiccio aumento di contenzioso – potenzialmente abusivo – non contribuirà a ripristinare la competitività dell’Europa come destinazione per le imprese” e potrebbe “deviare le risorse all’interno delle aziende che potrebbero essere meglio impiegate per l’innovazione e l’espansione”.
“Una proposta di direttiva che riconosce, finalmente, che gli squilibri di reddito e di potere contrattuale nella filiera alimentare devono essere affrontati con urgenza, al fine di migliorare la posizione degli agricoltori che sono particolarmente vulnerabili alle pratiche commerciali sleali favorite dalla concentrazione in atto nell’industria e nella distribuzione alimentare”, commenta Nicola Caputo, parlamentare europeo del Pd-S&D e membro della Commissione Agricoltura.
“In Italia – sottolinea l’eurodeputato Pd -, per ogni euro speso dai consumatori per l’acquisto di alimenti meno di 15 centesimi vanno a remunerare il prodotto agricolo, mentre il resto viene diviso tra l’industria di trasformazione e la distribuzione commerciale. Questo problema non è purtroppo affrontato nella proposta di direttiva della Commissione. I prezzi all’interno della filiera alimentare dovrebbero rispecchiare meglio il valore aggiunto dei produttori primari. Presenterò degli emendamenti – annuncia Caputo – affinché il processo di formazione dei prezzi al dettaglio sia il più trasparente possibile”.
Secondo Stefano Micossi, Direttore generale di Assonime, associazione delle società italiane per azioni, “un’interazione incontrollata o non strutturata delle norme europee e nazionali potrebbe portare a un ampio livello di incertezze giuridiche nel mercato interno”, con possibili ripercussioni sulla “protezione dei consumatori” e sulla necessità di “miglioramento della regolamentazione della Commissione in quanto tale ”
Oltre a pagamenti tardivi e cancellazioni dell’ultimo momento, sulla “lista nera” delle pratiche scorrette da contrastare stilate dalla Commissione figura anche l’obbligo del fornitore di pagare per gli sprechi e le modifiche unilaterali o retroattive dei contratti.
In aggiunta, la Commissione ha stilato anche una “lista grigia” di operazioni che potranno essere autorizzate solo se soggette a un accordo tra fornitore e acquirente, tra le quali figurano le situazioni nelle quali l’acquirente restituisce a un fornitore i prodotti alimentari invenduti; o quando il fornitore è tenuto a sostenere i costi legati alla promozione o al marketing dei prodotti alimentari venduti dall’acquirente.
Elemento fondamentale dell’intero meccanismo sarà la possibilità, sia per i produttori europei che extraeuropei, di presentare denunce anonime sulle pratiche scorrette, in modo tale da proteggere la loro posizione rispetto al partner commerciale.
“Grazie alla procedura di denuncia riservata” ha spiegato il commissario Hogan, “Intendiamo eliminare il fattore paura dalla filiera alimentare”.
La proposta della Commissione stabilisce dei criteri “minimi”, il che vuol dire che, per quanto riguarda ulteriori misure da adottare e sanzioni siano gli stati membri a dover decidere.
La palla passa adesso nel campo del Consiglio e del Parlamento europeo, che dovranno decidere accordarsi su una soluzione condivisa.
Il Commissario Hogan è fiducioso sulla condivisibilità della Direttiva, dal momento che la proposta gode di una “larga maggioranza” all’interno del Parlamento europeo e già “20 stati membri stanno prendendo azioni in proposito”.
La mossa della Commissione si basa su un invito del Parlamento europeo, risalente a giugno 2016, di presentare una proposta relativa a un quadro Ue per le pratiche commerciai sleali, cui aveva fatto seguito, nel dicembre dello stesso anno l’avvio di una valutazione di impatto.
Tale valutazione, insieme a una consultazione pubblica sul miglioramento della filiera alimentare, hanno reso possibile l’individuazione delle pratiche commerciali sleali disciplinate dalla direttiva.