Roma – La data del secondo giro di consultazioni al Quirinale per la formazione del governo è l’unico elemento certo. Le alte cariche dello Stato e i gruppi parlamentari saliranno al colle tra giovedì e venerdì (qui il calendario), ma l’esito di questa seconda tornata è avvolto dall’incertezza. Lo stallo registrato dopo il primo tentativo, infatti, non si è per nulla sbloccato. Anzi, i veti incrociati tra le forze politiche sembrano addirittura essersi rafforzati, così come la minaccia di un ritorno alle urne. Il leader del Movimento 5 stelle, Luigi Di Maio, rimane fermo sulla proposta di un contratto di governo, da stipulare con la Lega di Matteo Salvini (senza Silvio Berlusconi e Forza Italia) o con il Pd, e da realizzare con un esecutivo a guida M5s. Salvini resta ancorato alla coalizione di centrodestra, dichiarandosi indisponibile a dividerla e rivendicando, al contrario, il diritto di questa compagine a guidare il prossimo governo. Al contempo non è disposto a formare una maggioranza con i voti del Partito democratico, che per altro non è intenzionato a concederli né a lui né a Di Maio.
In questo scenario, già si parla di un terzo giro di consultazioni o di un mandato esplorativo. Tentativo, quest’ultimo, che né Salvini né Di Maio sono pronti ad esperire, entrambi molto attenti a non ‘bruciarsi’ in un tentativo a vuoto. Il leader del Carroccio, infatti, ha rispedito con decisione al mittente l’invito rivoltogli dai suoi alleati, Berlusconi e Meloni, di proporsi per l’incarico esplorativo. “L’esploratore lo facevo a 10 anni”, ha liquidato. E anche il capo politico del M5s vuole essere certo dei numeri per presentarsi in Parlamento e “andare al governo con una compagine che possa cambiare le cose”. Obiettivo impossibile, secondo Di Maio, con la presenza di Silvio Berlusconi, ed è per questo che rifiuta la richiesta di un incontro avanza da Salvini. Sarebbe inutile se prima il leghista non scaricasse l’alleato indigesto al M5s.
“Noi siamo pronti”, ha assicurato ancora il leader pentastellato, “ma capisco che ci sono dinamiche interne alla coalizione ci centrodestra e nel Pd, e dunque avremo bisogno di tempo per vedere l’evoluzione di quelle dinamiche”, ha chiosato. In effetti, il prolungarsi delle trattative per la formazione del governo è legato proprio all’assestamento interno alle forze politiche dopo il voto del quattro marzo. Il Pd, nell’Assemblea convocata per il 21 aprile prossimo, proverà a trovare una sintesi tra la scelta di rimanere all’opposizione, caldeggiata dall’ex segretario Matteo Renzi, e la spinta verso un’apertura al M5s per la quale lavorano il ministro uscente della Cultura, Dario Franceschini, quello della Giustizia Andrea Orlando e il governatore della Puglia, Michele Emiliano. Nel centrodestra, i mutati rapporti di forza tra Lega e Fi avranno bisogno forse dei risultati delle regionali in Molise (si vota il 22 aprile) e in Friuli Venezia Giulia (urne aperte il 29 aprile). Passati quegli appuntamenti, l’evoluzione dello scenario potrebbe subire un’accelerazione e finalmente sbloccarsi. Ma non è ancora detto che al prossimo Consiglio europeo, il 28 e 29 giugno prossimi, l’Italia sia in grado di presentarsi con un nuovo esecutivo.