Bruxelles – Il presidente sono io e qui comando io. È questo il messaggio lanciato da Jean-Claude Juncker, che continua a difendere a spada tratta la decisione di nominare il suo braccio destro Martin Selmayr come nuovo segretario generale della Commissione europea. “L’unico che potrebbe chiedergli di dimettersi sono io e non lo farò”, ha sentenziato il lussemburghese. Il Parlamento europeo si è mostrato compatto nel criticare la scelta ritenuta poco trasparente e troppo politica di Selmayr che è visto come un emissario di Juncker con cui lavora dalla campagna elettorale, e più in generale del Partito popolare europeo, in una posizione tanto importante nell’esecutivo comunitario.
“Non crede che se gli chiederà di dimettersi dovrebbe poi dimettersi anche lei, dando al Parlamento due risultati con un colpo solo?”, ha chiesto un giornalista nella conferenza stampa al termine del Consiglio europeo a Bruxelles. “Non avendo intenzione di chiederglielo la seconda parte della domanda non ha senso”, ha tagliato corto Juncker.
Selmay è stato difeso anche da Angela Merkel. “Apprezzo il suo lavoro”, ha affermato la cancelliera in conferenza stampa congiunta, come di consueto, con Emmanuel Macron. “Noi pensiamo che non è che perché è tedesco questo vuol dire che farà sempre quello che vuole il governo tedesco, non è per niente l’impressione che abbiamo”, ha affermato definendolo “una persona che prende le decisioni in modo molto professionale e cerca di fare un lavoro efficace”. al Parlamento europeo “come necessario si cercherà di rispondere a tutte le domande” sul caso ed “è quello che vuole anche Juncker”.
Più cauto Macron. Anche il presidente francese ha detto di apprezzare “la sua professionalità e grande competenza”, ma ha poi riconosciuto che “c’è polemica sulla stampa e in Parlamento sulle condizioni della sua nomina”. Macron ha ricordato che il Parlamento ha “lanciato una procedura lanciata con molte domande”, alla Commissione, “134 domande” addirittura, e quindi a suo avviso “si deve seguire la procedura, fare trasparenza e commentare le conclusioni”, perché “così si agisce in una democrazia”.