Il nuovo sondaggio pubblicato oggi sulla percezione dell’Europa in Italia (e negli altri Paesi Ue – Eurobarometro) ci rivela un’affascinante dicotomia: la Ue piace sempre meno, ma ci fidiamo più dei “burocrati” di Bruxelles che dei nostri politici.
Il passaggio da “euroentusiati” ad “euroscettici” è una tendenza ormai avviata da molti anni, e non sorprende più nessuno, tant’è che i partiti “eurocritici” sono netta maggioranza nel nuovo Parlamento.
Pare invece che l’appeal del “sovranismo” trovi un freno significativo nell’atavica sfiducia verso i nostri governanti.
Non discuteremo ora dei perché di questi valori emersi oggi, diciamo solo che sono radicati su opinioni centenarie, esaltate dalla crisi economica degli ultimi 10 anni e dai recenti flussi migratori insieme.
Piuttosto, prendiamolo come una dato di fatto e proviamo a capire che opportunità offre al ruolo che, quale che sia, il prossimo governo italiano potrà giocare a Bruxelles.
Ci pare infatti maturo il tempo di un passaggio dallo scellerato “ce lo chiede l’Europa” ad un più difficile (per certo) “vogliamo che l’Europa si occupi di questo”, dove “questo” è sicuramente l’immigrazione, ma che facilmente può essere associato alla politica Estera e di Difesa ed anche ai temi economici molto sentiti da tutti i cittadini come le politiche sociali (redditi per meno abbienti) e una perequazione fiscale, se non altro sulle imprese. Così come il confronto con i grandi operatori del digitale (OTT) o come affrontare il Climate change. Temi su cui chiunque, anche il più strenuo combattente per il sovranismo, si rende conto di come possano essere meglio affrontati a livello continentale.
Gli italiani sembrano favorevoli a seguire i propri rappresentanti su queste iniziative, il prossimo governo avrà il coraggio di farsene esplicito portatore?