Bruxelles – Ridurre gli squilibri macro-economici nei Paesi dell’Unione europea resta prioritario per il raggiungimento di adeguati livelli di sostenibilità sociale nonché nel processo politico d’integrazione sovranazionale. Le riforme sociali ed economiche, sostenute negli anni di maggiore depressione dagli esecutivi nazionali, hanno consolidato la ripresa del mercato del lavoro e migliorato la produttività, come confermano i dati sulla crescita media del Pil tra i 28 Stati membri, pari nel 2017 al 2,4%, oltre ad un calo tendenziale del tasso disoccupazione, intorno al 7,3% stando alle stime per l’anno corrente. “Le economie solide sono quelle che continuano ad affrontare le proprie debolezze anche quando la congiuntura è favorevole – sostiene il vice-presidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis, presentando un rapporto sui singoli Stati membri –, ora che l’economia europea sta crescendo al ritmo più rapido dell’ultimo decennio, dovrebbe essere proprio questa la nostra strategia, sia a livello nazionale che dell’Ue“.
Dati positivi che, tuttavia, non considerano diversi fattori d’incertezza: nuove dispute nelle relazioni commerciali esterne e, tra gli Stati membri dell’Ue, marcate diseguaglianze socio-economiche (gap salariale, asimmetrie di genere nell’accesso al mercato del lavoro, concorrenza fiscale), complicano le prospettive future. La Commissione europea ha promosso un programma di lavoro a sostegno delle riforme strutturali che coinvolgerà 24 Stati membri in oltre 140 progetti e avviato, nel novembre dello scorso anno, un monitoraggio sulla situazione occupazionale finalizzato a promuovere iniziative di garanzia per una maggiore equità e inclusione nei settori produttivi nazionali (European pillar of social rights). Dalle valutazioni d’impatto sociale emerge un quadro europeo asimmetrico e frammentato: le maggiori preoccupazioni riguardano gli squilibri nell’offerta di competenze formative adeguate, il divario di genere e la segmentazione del mercato del lavoro, l’inefficacia delle politiche sulla riduzione del rischio povertà.
“In undici paesi dell’Ue sono ancora presenti squilibri macroeconomici, che li rendono vulnerabili in caso di shock”, afferma Pierre Moscovici, commissario europeo per gli Affari economici e finanziari. Croazia, Cipro e Italia registrano divari marcati, mentre Bulgaria, Francia, Portogallo, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Spagna e Svezia, nonostante i miglioramenti, non hanno ancora attenuato gli squilibri economici esistenti. Potenziare gli interventi di sostegno attivo nella formazione e alle reti di assistenza sociale – spiega Marianne Thyssen, Commissaria europea per l’occupazione e le politiche sociali, illustrando le misure da intraprendere – richiede “investimenti nelle competenze, nella riduzione delle disuguaglianze, nell’equità sociale e nella crescita inclusiva”. Dialogo e visione politica integrata tra istituzioni europee e società civile possono rafforzare l’impegno congiunto verso un’Europa a misura di cittadino.
Michele Valente