Bruxelles – Si mettono da parte i soldi necessari per coprire gli eventuali rischi di insolvenza, e si comincia subito. Subito vuol dire dalle 12 di oggi, momento della presentazione delle nuove proposte per la sicurezza bancaria europea varate dalla Commissione Ue. Tra queste c’è l’obbligo per le banche di accantonare denaro così da creare riserve di capitale tali da coprire l’intero rischio patrimoniale di eventuali perdite legate ai crediti deteriorati (noti anche con l’acronimo inglese Npl). Tutti i prestiti sottoscritti da istituti ed enti creditizi a partire da mezzogiorno e un minuto risponderanno alla nuove norme, per le quali non è richiesta la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. E questo principio vale anche se per l’entrata in vigore della normativa è ancora necessaria l’approvazione da parte degli Stati membri. In sostanza sarà una norma “retrodatata”, ma già annunciata agli istituti di credito.
L’esecutivo comunitario prova la stretta sui crediti deteriorati con una mossa senza precedenti. I prestiti che le banche fanno fatica a farsi restituire sono uno dei motivi di perdurante debolezza del sistema economico-finanziario europeo. Molto è stato fatto, e l’Italia in questo senso è un esempio per una volta virtuoso. In un anno, tra il terzo trimestre 2016 e il terzo trimestre 2017, ha ridotto del 24,9% il proprio volume di crediti in sofferenza. Un alleggerimento di un quarto delle situazioni potenzialmente critiche, come nessun altro nell’Ue. Ciò nonostante il volume complessivo dei crediti deteriorati a livello di Unione europea è di 910 miliardi di euro.
“Ora che l’Unione europea e la sua economia riacquistano vigore, l’Europa deve sfruttare questo slancio per accelerare la riduzione dei crediti deteriorati”, sottolinea il commissario per la Stabilità dei mercati finanziari, il lettone Valdis Dombrovskis. Ecco allora le novità, che si applicheranno a tutti i nuovi prestiti che potranno trasformarsi in Npl. Un credito sofferente è definito come una situazione di mancato rimborso che dura da più di 90 giorni, o una situazione di pagamento regolare ma che si prevede non proseguire in futuro. Dati che non tutti i prestiti sono uguali, la Commissione europea distingue tra quelli garantiti e quelli non garantiti.
Le banche europee (Paesi euro e non-euro) avranno due anni di tempo per coprire i crediti erogati senza i cosiddetti collaterali, le garanzie offerte a titolo di assicurazione da chi chiede il credito. Il primo anno si dovrà coprire almeno il 35% dei rischi, per arrivare alla copertura della loro totalità con il secondo anno dall’erogazione del prestito.
Ci sono poi i prestiti concessi dietro garanzie (immobili, azioni, terreni…). Tutti beni con cui la banca può ‘ammortizzare’ le perdite in caso di mancati rimborsi del prestito. Dato che però non tutti questi collaterali sono semplici da vendere e rientrare dell’ammanco attraverso la monetizzazione degli asset avuti in garanzia, la Commissione europea propone una creazione di riserve di denaro continua e progressiva per coprire in otto anni il valore totale del rischio di perdite. Nel primo anno gli istituti di credito dovranno coprire il 5%, nel secondo il 10%, nel terzo il 17,5%, nel quarto il 27,5%, nel quinto il 40%, nel sesto il 55%, nel settimo il 75%, e nell’ottavo il 100%.
La Commissione, come già annunciato nei mesi scorsi, intende sviluppare un mercato secondario per i crediti deteriorati, dove le banche possano cedere i loro debiti a terzi. Si tratta di rimuovere le barriere di compra-vendita e trasferimento dei crediti bancari in tutta l’Ue, con un sistema di vigilanza che impone all’acquirente dell’Npl la comunicazione dell’acquisto alle autorità di vigilanza bancaria nazionali.
Adesso la parola spetta agli Stati membri. Se questi approveranno le proposte della Commissione, le nuove regole entreranno immediatamente in vigore, per il bene dell’economia reale. “Riducendo i crediti deteriorati che hanno in bilancio, le banche potranno aumentare l’erogazione di prestiti alle famiglie e alle imprese”, sottolinea Dombrovskis, convinto che l’iniziativa dell’esecutivo comunitario aiuti il completamento dell’unione bancaria in quanto sostengono la riduzione del rischio, condizione ritenuta fondamentale dai Paesi nord-europei per procedere alla condivisione del rischio. Proprio su questa dicotomia si è basata la partita politico-negoziale dell’Italia in Europa, incentrata sulla necessità di gestire le crisi a livello europeo e non a livello nazionale.
L’elevato livello di crediti in sofferenza detenuti dalle banche italiane ha però frenato partner importanti, che non vogliono correre il rischio di salvare le banche nazionali con i propri soldi. Attualmente l’Italia è il quarto Paese dell’Ue per mole di crediti deteriorati (il 12,1% del totale dei prestiti bancari), dietro Grecia (46,7%), Cipro (32,1%) e Portogallo (14,6%). Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, si è già espresso a favore delle proposte della Commissione europea sui crediti in sofferenza. Ora si attende di capire il pronunciamento degli altri esecutivi, incluso quello italiano di prossima formazione.