Bruxelles – Donald Trump ha firmato il provvedimento che introdurrà, tra quindici giorni, dazi su alluminio e acciaio provenienti dall’estero. Nonostante le dimissioni del consigliere economico Gary Cohn, le pressioni giunte da tutto il Mondo, Unione europea compresa, le richieste di ripensarci che venivano anche da una parte dell’industria statunitense, l’inquilino della Casa Bianca ha fatto quel che aveva minacciato.
“Stiamo facendo fronte alle aggressioni provenienti dall’esterno. Non è un disastro economico ma è una garanzia di sicurezza, vogliamo costruire le nostre navi e i nostri aerei con le nostre risorse”, ha detto Trump mentre le telecamere lo immortalavano durante la firma, alla quale hanno assistito anche un paio di operai. Intanto la borsa di Wall Street chiudeva in positivo.
Secondo il presidente “c’è una pratica chiamata dumping di cui alcuni Paesi hanno abusato”, abbassando, sostiene, artificiosamente i prezzi di materie che, quando prodotte negli Usa, “sono migliori”.
Dai dazi sono esclusi Paese “amici”, come il Canada e il Messico, e sembra anche l’Australia.
Anche questa scelta del presidente divide la maggioranza repubblicana. Lo speaker della Camera, Paul Ryan dice di essere “in disaccordo con questa azione e temo le sue non volute conseguenze. Continueremo a sollecitare l’amministrazione affinché questa politica si concenti su quei paesi e quelle pratiche che violano le leggi commerciali”.
L’Unione europea, con Mario Draghi che sottolinea come “le decisioni unilaterali sono pericolose”, ha già preparato il pacchetto di misure di ritorsione per 3,5 miliardi di dollari, mentre la Cina (che in realtà negli usa esporta poco della sua produzione di acciaio) minaccia “un’appropriata risposta”.
Nella notte europea la commisaria Ue al Commercio, Cecilia Malmstrom, in un tweet chiede che l’Unione sia esentata da queste misure.
On tonight’s announcement – the EU is a close ally of the US and we continue to be of the view that the EU should be excluded from these measures. I will seek more clarity on this issue in the days to come. Looking forward to meeting USTR Lighthizer in Brussels on Sat to discuss.
— Cecilia Malmström (@MalmstromEU) March 8, 2018
I dazi americani contro l’Unione Europea tornano dopo venti anni quando gli Stati Uniti, dopo aver presentato ricorso al Wto contro il divieto europeo alla carne agli ormoni Usa, furono autorizzati a fissare nel 1999 una lista di prodotti sui quali sono stati applicati dazi doganali per un valore che ammonta a 116.8 milioni di dollari annuali.
Per i nuovi dazi esprime preoccupazione Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare. “Non è mai un fatto positivo quando la crescita del commercio mondiale viene ostacolata da dazi e neoprotezionismi”, dice Scordamaglia ricordando che gli Stati Uniti sono il primo mercato del food italiano fuori dalla Comunità europea e sono valsi nel 2016 per il nostro export alimentare 3,7 miliardi euro, con un tasso di crescita evidenziato negli undici mesi 2017 di +6,2%. E aggiunge: “Bisogna tuttavia riconoscere che Trump ha ragione quando afferma la necessità di difendersi da quei Paesi che aumentano le proprie quote di mercato facendo dumping ambientale o sociale o sfruttando manodopera minorile”.
Secondo Scordamaglia “l’Unione europea deve valutare bene questi aspetti prima di procedere con accordi bilaterali e garantisca un livello di reciprocità in questi accordi che vada oltre generiche formule prive di valore in fase di implementazione”. Il leader di Federalimentare ammonisce infine: “In caso poi di eventuali dazi Usa verso la Ue, non certo accusabile di dumping, l’Unione europea reagisca rivedendo le proprie sanzioni verso la Russia e rilanciando un progetto di maggiore integrazione dei mercati tra Ue e la Federazione Russa”.
Secondo la Coldiretti “la decisione del presidente degli Stati Uniti rischia di scatenare un effetto valanga. Nel lontano luglio 1999, come rappresaglia per la mancata revoca del divieto Ue alla carne agli ormoni, gli Usa annunciarono la lista di prodotti Ue su cui applicare dazi ad valorem del 100% tra i quali erano compresi per l’Italia tra gli altri i pomodori in scatola ed i tartufi”. Per l’organizzazione “ora si riapre una guerra commerciale che mette a rischio 40,5 miliardi di esportazioni Made in Italy che hanno raggiunto nel 2017 in Usa il record storico grazie ad un aumento del 9,8% rispetto all’anno precedente. Gli Stati Uniti – conclude la Coldiretti – sono di gran lunga il principale mercato di riferimento per il Made in Italy fuori dall’Unione Europea con un impatto rilevante anche per l’agroalimentare”.