Durante un recente viaggio da Venezia a Bruxelles al comando del volo Brussels Airlines sedeva una donna. Me lo ricordo bene perché, ancora oggi, è abbastanza inusuale trovare una donna in cabina di pilotaggio. Tuttavia, non ho avuto la reazione del passeggero che nel 1991, con la stessa compagnia belga che allora si chiamava Sabena, decise di scendere dall’aereo una volta resosi conto che ai comandi c’era una donna. E non sono andato in escandescenze come il signore di mezza età che nel 2011 ha bloccato per due ore un volo per Mumbai terrorizzato dal capitano donna. “Non voglio morire”, avrebbe detto l’uomo, prima di lasciarsi sfuggire un commento sessista: “non sa badare alla casa, come può pretendere di pilotare un aereo”. Commenti sessisti di simile stampo l’anno successivo, il 2012, hanno lasciato a terra un passeggero della compagnia brasiliana Trip. La pilota al comando non ci ha pensato due volte a far aprire il portellone e a far accomodare l’uomo a terra scortato dalla polizia.
A parte i gustosi siparietti che ci riservano queste persone pronte a deliziare i tabloid portando nella realtà le peggiori fantasie del mondo parallelo in cui sguazzano, la presenza delle donne nel settore dell’aviazione civile è ormai affermata e pur con numeri bassi, in costante crescita. In termini percentuali il loro numero è in rapido aumento, su circa 650 mila piloti nel mondo, il 5,44 per cento sono donne con variazioni significative tra i vari paesi: in Finlandia sono il 12 per cento, in Francia il 7,6, in Giappone il 5,6, in Gran Bretagna e Stati Uniti il 5,1, in Brasile e Messico poco sopra il 2 per cento. Però le scuole di pilotaggio registrano un costante aumento della partecipazione delle donne e questo è un fenomeno che si verifica in tutto il mondo e a tutte le latitudini. Tanto che da qualche anno ci sono equipaggi tutti femminili anche in compagnie aeree di paesi dove la discriminazione femminile è ancora altissima. È il caso di Ethiopian Airways che dal 2015 ha un equipaggio composto da sole donne assegnato a voli di medio raggio. Per un Paese che risulta al 109° posto nella classifica 2016 del World Economic Forum sul divario di genere è un traguardo ragguardevole. Come fece scalpore nel marzo 2016 la decisione di Royal Brunei Airlines di far atterrare un volo di linea con equipaggio tutto femminile a Jeddah, in Arabia Saudita, una nazione dove fino all’anno scorso le donne non erano autorizzate a guidare l’auto.
Ma il rapporto tra le donne e il volo è tutt’altro che un fatto recente, frutto del cambiamento di costumi e di cultura. Vorrei quindi celebrare questo 8 marzo 2018 raccontando delle donne che si sono distinte nella storia dell’aviazione. Una storia che facciamo cominciare in Francia dove data 1909 il primo aero club tutto al femminile. Si chiamava “La Stella” e le socie speravano di dare un proprio contributo alla conquista del cielo. Tra loro Marie Marvingt, che si travestì da uomo per combattere nella prima guerra mondiale e nel 1915 divenne la prima donna a volare in missioni di combattimento. In Francia non si davano licenze di pilota alle donne all’epoca, mentre in Italia Rosina Ferrario fu la prima a ottenerne una il 3 gennaio del 1913 quando passò l’esame a bordo di un monoplano Caproni con un volo sopra Vizzola. Marvingt sopravvisse alla guerra e dedicò la sua vita a promuovere l’idea di ambulanze aeree.
Il primo velivolo pilotato da una donna sola era avvenuto qualche anno prima, il 9 giugno del 1903 a Parigi. Al timone di un dirigibile l’americana Aida de Acosta di origine cubana precedette di cinque mesi i fratelli Wright. De Acosta all’epoca aveva solo 19 anni e prese tre lezioni dal progettista, il brasiliano Alberto Santos-Dumont. Quest’ultimo utilizzava il dirigibile per arrivare nel suo ristorante preferito e lo parcheggiava in strada mentre cenava. De Acosta pilotò da sola il dirigibile da Parigi a Bagatelle mentre Santos-Dumont la seguì in biciletta sbracciandosi e urlando per darle istruzioni e consigli. Le cronache raccontano che la ragazza atterrò su un campo di polo, interrompendo una partita tra gli Stati Uniti e Inghilterra. Nonostante gli avvertimenti e le obiezioni dei giocatori e della folla de Acosta tornò sana e salva a Parigi sul dirigibile dopo la partita. Il fatto causò notevole indignazione nella stampa tanto che i genitori della ragazza ne furono scioccati in quanto si riteneva che una donna dovesse apparire sui giornali solo in occasione del matrimonio e della morte.
La prima a pilotare un aereo, pur involontariamente fu Blanche Scott, nel 1910, quando l’aereo che le era stato stato permesso di manovrare a terra misteriosamente prese il volo. Nel 1911, Harriet Quimby divenne la prima donna pilota autorizzata. E nel 1912, Harriet divenne la prima donna a volare attraverso la Manica.
Nel 1921, Bessie Coleman divenne la prima donna pilota afroamericana. A causa della discriminazione razziale e femminile negli Stati Uniti, Bessie si trasferì in Francia e imparò a volare nella più famosa scuola di volo in Francia: l’École d’Aviation de Frères Caudron. In seguito, Bessie ritornò negli Stati Uniti e intraprese una carriera da barista fino al 1926.
Il 16 marzo 1929, Louise Thaden fece la sua offerta per il record femminile di resistenza dall’aeroporto di Oakland Municipal, in California, in una Travel Air, e riuscì con un volo di 22 ore, 3 minuti. Il record fu battuto un mese dopo da Elinor Smith con 26 ore e 21 minuti su Roosevelt Field, New York.
Seguirono altri successi: Katherine Cheung, nel 1931 a Los Angeles, in California, fu la prima donna di ascendenza cinese a ottenere una licenza. Anne Morrow Lindbergh, moglie di Charles Lindbergh, è stata la prima donna pilota di alianti e prima donna a ricevere il Premio Hubbard della National Geographic Society. E, Phoebe Fairgrave Omelie è stata la prima donna pilota di trasporto. Phoebe, considerata una delle migliori piloti americane negli anni 1920 e 1930, sviluppò un programma per addestrare istruttori di volo donne e fu nominata Assistente speciale per l’Intelligenza aerea del Comitato consultivo nazionale per l’aeronautica (il precursore della NASA), e fu attiva nel programma nazionale Air Marking and Mapping per dipingere i simboli di identificazione dell’aeroporto su aeroporti o edifici vicini.
Di particolare rilievo la storia di Amelia Mary Earhart. Nata il 24 luglio 1897 fu un pioniere dell’aviazione americana e la prima donna aviatore a volare in solitaria attraverso l’Oceano Atlantico. Fu la sedicesima donna statunitense a ricevere la licenza di volo, nel 1923 e la madre le acquistò un aereo di seconda mano dopo aver venduto la casa. Un anno dopo il volo in solitaria di Lindbergh sopra l’Atlantico, George Putnam scelse Earhart per diventare la prima donna ad attraversare l’Oceano Atlantico in aereo. Il 17 giugno del 1928, esattamente 20 ore e 40 pochi minuti dopo aver lasciato Terranova in Canada, il pilota Bill Stultz, il meccanico Slim Gordon e il capitano Amelia Earhart atterravano in Galles, nell’Inghilterra occidentale. Ad accoglierla all’arrivo, Earhart trovò solo una manciata di contadini sbalorditi, non le folle plaudenti che avevano dato il benvenuto a Lindbergh. Però, il suo volo ha dimostrato al pubblico che il trasporto aereo era sicuro. Earhart in seguito stabilì numerosi altri record, tra cui il primo volo in solitaria andata e ritorno da New York alla California. Durante un tentativo di circumnavigazione del globo nel 1937 con un Electra Lockheed Model 10-E, finanziato da Purdue, Earhart e il navigatore Fred Noonan scomparvero nell’Oceano Pacifico centrale vicino all’isola di Howland. Nonostante lunghe ricerche né l’aereo né i corpi di Earhart e del suo navigatore furono mai ritrovati. Proprio oggi si è diffusa la notizia che un ricercatore avrebbe riconosciuto i resti di Amelia in ossa ritrovate da tempo nell’isola di Nikumaoro e sino ad oggi attribuite ad un uomo. Ma non c’è ancora certezza e il giallo non è concluso, benché sull’isola siano stati ritrovati anche i rottami di un aereo non ancora identificato.
Le gare aeree erano un modo per le donne di dimostrare le loro abilità e, naturalmente, il premio in denaro era un incentivo. Gare aeree di sole donne furono presto organizzate, la più grande delle quali fu la National Women’s Air Derby nel 1929. La gara fu da Santa Monica in California a Cleveland in Ohio e durò in otto giorni. L’idea di permettere alle donne di guidare aeroplani non era tuttavia accettata serenamente. Durante la gara ci furono minacce di sabotaggio e i giornali titolavano “La corsa dovrebbe essere fermata”. Tuttavia, il Derby attirò venti donne da tutto il paese e diede loro la possibilità di incontrarsi faccia a faccia per la prima volta.
Willa Brown è stata la prima pilota commerciale afro-americano e la prima ufficiale donna afro-americana nella pattuglia civile. A Chicago, sua città natale, ha insegnato corsi di aviazione nelle scuole superiori e ha fondato una scuola di volo all’aeroporto di Harlem. Nel 1939, Willa contribuì a formare la National Airmen’s Association of America il cui scopo era quello di portare gli afro-americani nelle forze armate degli Stati Uniti come cadetti dell’aviazione. Willa era anche coordinatrice del servizio di addestramento alla guerra dell’Autorità aeronautica civile (CAA) e, cosa più importante, era direttrice della Coffey School of Aeronautics. La scuola è stata selezionata dall’esercito e dalla CAA per “condurre gli esperimenti” che hanno portato all’ammissione di afro-americani nelle Forze aeree dell’esercito. Nel 1930 c’erano 200 donne pilota, nel 1935 c’erano tra le 700 e le 800 donne piloti autorizzate. Un importante passo avanti nel settore dell’aviazione stava consentendo alle donne di gareggiare contro gli uomini. Nel 1936, Louise Thaden e Blanche Noyes vinsero il prestigioso Bendix Trophy Race. Da allora le donne hanno potuto gareggiare contro gli uomini.
Negli Stati Uniti, la maggior parte delle donne ha imparato a volare durante la seconda guerra mondiale grazie al programma di addestramento per piloti civili della CAA. Più di 935 donne hanno ottenuto le loro licenze nel 1941, con 43 come istruttori qualificati CAA. Il Mills College di Oakland, in California, è stato uno dei college di formazione per donne.
Tornando all’Italia, la prima donna a pilotare un jet di linea è stata Antonella Celletti, diventa la prima pilota dell’Alitalia. Come riportato dall’agenzia 9Colonne il 17 agosto 1989 Antonella battezza il suo cielo a bordo di un allora modernissimo MD-80 sul volo AZ 408 da Roma a Ginevra. Ma vale la pena ricordare anche Carina Massone Negrone che il 20 giugno 1935 stabilì il record di altezza raggiunto con un aereo a elica toccando i 12.043 metri. Un record tutt’oggi imbattuto.
Quindi, come queste storie dimostrano, se doveste sentire una voce femminile annunciare “È il vostro comandante che vi parla…”, resistete alla tentazione di allacciarvi le cinture più strette e non lasciatevi prendere dal panico. Rilassatevi e godetevi il volo, difficilmente sareste in mani più sicure.
Leggi l’articolo sul blog di Stefano Campolo.