Bruxelles – E’ giusto farlo per ragioni interne ed è necessario farlo per restare credibili sulla scena internazionale. L’Unione europea, così come fa per i bilanci degli Stati membri, dovrebbe ogni anno verificare il rispetto dello stato di diritto e dei diritti dell’uomo nei suoi Stati membri.
Lo chiede il ministro degli Esteri e vice premier del Belgio Didier Reynders, che ha oggi incontrato per pranzo alcuni giornalisti a margine del Ceps Ideas Lab a Bruxelles. “Dopo l’adesione, la situazione economica e di bilancio degli Stati è ancora oggetto di un controllo regolare e attento da parte della Commissione – ricorda il ministro -, ma il rispetto della democrazia, dello stato di diritto, dei diritti umani e delle minoranze non sono più discusse”. Eppure, afferma, “questi principi, questi valori, sono alla base della credibilità dell’Unione”, quando “siamo in consessi internazionali”, ma anche,e molto, “quando ci rivolgiamo ai nostri giovani”.
“E’ facile dire, da questa parte dell’Europa, che le violazioni allo stato di diritto sono solo in qualche Paese dell’Est, ma anche noi abbiamo qualche problema, in settori diversi. Ad esempio in Belgio – riconosce il ministri – abbiamo avuto accuse per alcuni problemi nel settore delle carceri”. Come in Italia…
Secondo Reynders “è essenziale analizzare ogni anno la situazione dei diritti umani e dello stato di diritto all’interno dell’Unione, sotto forma di revisione tra pari. Questa revisione regolare ci consentirebbe di identificare i rischi di deriva molto presto quando si presentano e di proporre misure correttive in tempo”. Il ministro non parla di sanzioni economiche in maniera diretta, ma ammette che “si potrebbe ad esempio pensare di spendere meno” nei Paesi che violano questi principi fondanti dell’Unione.
Un confronto “tra pari” dunque, nel quale ogni Stato membro potrebbe porre domande e formulare raccomandazioni. “Dovranno essere definite le modalità effettive di questo meccanismo, ma alcuni principi possono già essere proposti – sostiene Reynders – : un meccanismo politico, in cui tutti gli Stati membri sarebbero istituiti su un piano di parità. Questo nuovo meccanismo ci impedirebbe di dover attendere che la situazione degeneri al punto da dover attivare il famoso articolo 7 dei trattati dell’Unione europea, di cui si è parlato molto di recente a causa degli sviluppi in alcuni Stati membri”. Tra l’altro per arrivare alle sanzioni previste da questo articolo, riconosce il ministro, “c’è una procedura di attivazione macchinosa”.
Per Reynders “dobbiamo fare questo per riaffermare il nostro desiderio di essere europei”, ma anche perché “è un passo essenziale per rimanere credibili e legittimi sulla scena internazionale, visto il ruolo molto attivo dell’Unione europea come difensore dei diritti umani”.
Il ministro ha già lanciato questa iniziativa tra i suoi colleghi, e “la metà degli Stati membri la sostengono”, dice, “oltre che il Parlamento europeo”. L’Italia però, al momento, non è tra questi, a quanto si apprende a Bruxelles la posizione di Roma “sarà definita all’interno del dibattito sul nuovo piano finanziario pluriennale dell’Unione.