Bruxelles – In una sala stampa semi deserta per la fine di uno dei Consigli europei meno interessanti della storia, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha dato l’unica, piccola, quasi-notizia: “14-15 Paesi membri sono disposti ad aumentare il loro contributo all’Unione europea” per il periodo finanziario che si apre nel 2020, dopo l’uscita del Regno unito dal consesso, che porterà via con sé una decina di miliardi l’anno di contributi.
Come Eunews ha scritto già qualche giorno fa, dal Consiglio informale a 27 di oggi, abbandonato dal premier italiano Paolo Gentiloni un paio d’ora prima della fine, non è uscito niente altro. Sul fronte finanziario non c’è stato nessuno scontro, hanno confermato in conferenza stampa finale Juncker e il presidente del Consiglio Donald Tusk. Si sono confermate le priorità di spesa: “Immigrazione, difesa, sicurezza, Erasmus+”, ha elencato Tusk, aggiungendo però che “trovare un accordo già entro quest’anno mi pare difficile”.
Dei tagli al bilancio, anche se qualcuno verserà di più, dovranno essere fatti, ed anche qui sono stati confermati i settori: Agricoltura e Politica di Coesione (i “fondi Ue”). “Dovremo tagliare lì – ha spiegato Juncker – perché queste due politiche da sole assorbono il 70 per cento del nostro bilancio. Altrimenti dovremmo tagliare del 45 per cento le altre politiche, e non mi pare opportuno”. Il taglio a Pac e Coesione sarà dunque prossimo al 15 per cento, facendo i conti con Juncker.
Nella riunione si è anche accennato alla Brexit. Ovviamente nulla di nuovo e la conferma che “probabilmente la Gran Bretagna continua a poggiarsi su delle illusioni: nulla potrà essere scelto ‘a la carte’, questo resta il nostro principio fondamentale”, ha ribadito Tusk, che la prossima settimana, giovedì, vedrà ancora una volta la premier Theresa May a Londra per ribadirle il concetto di persona.