Bruxelles – La legislazione sui licenziamenti collettivi prevale sempre su altri tipi di normativa, inclusa quella sulle donne incinte. Vuol dire che le lavoratrici in dolce attesa possono essere licenziate a seguito di un licenziamento collettivo. Lo ha chiarito la Corte di giustizia dell’Ue, precisando che la direttiva europea per le migliori condizioni di lavoro delle donne incinte non è in contrasto con norme nazionali – e non prevale su queste – che permettono al datore di lavoro di licenziare questa categoria particolare di dipendenti nell’ambito di un licenziamento collettivo. Il datore di lavoro, ricordano i giudici di Lussemburgo, devono però fornire le spiegazioni dietro al licenziamento indicando “i criteri oggettivi adottati per designare i lavoratori da licenziare”.
La Corte Ue chiarisce comunque che il licenziamento di donne incinte può avvenire solo in caso di licenziamenti collettivi, e mai a titolo preventivo. Il divieto di licenziamento previsto dalla direttiva si fonda sulle conseguenze dello stress psico-emotivo che potrebbe derivare dalla perdita del lavoro. Si teme in particolare l’interruzione della gravidanza. Ecco perché la figura della donna incinta a livello Ue va tutelata. Tuttavia, se questa perde il posto a seguito di licenziamenti collettivi, se a livello nazionale non sono previste tutele l’Ue non può fare nulla. La direttiva non chiede agli Stati membri priorità per il mantenimento del posto di lavoro né priorità di riqualificazione applicabili prima di tale licenziamento, per le lavoratrici gestanti.