Roma – A poco più di due settimane dal voto, nell’ultimo giorno disponibile per la pubblicazione dei dati, i sondaggi politici indicano tutti un chiaro vincitore: l’incertezza. I trend che emergono dalle varie rilevazioni commissionate da programmi televisivi e grossi quotidiani – tutte pubblicate su sondaggipoliticoelettorali.it – continuano a dare la coalizione di centrodestra in netto vantaggio, accreditandola tra il 37% e il 39%, ma non in grado di conquistare la maggioranza, né alla Camera né al Senato. Il Movimento 5 stelle è indicato come primo partito, con percentuali tra il 27% e il 28,3%. Il Pd, in caduta tra il 24,5% e il 21,8%, rischia addirittura di non beneficiare del meccanismo della doppia soglia, in virtù del quale acquisirebbe i voti degli alleati che ottengono più dell’1% ma meno del 3%. Infatti, la formazione +Europa di Emma Bonino e Benedetto Della Vedova potrebbe superare il 3% (anche se la maggior parte dei sondaggi la indicano attorno al 2,5%), mentre le liste Insieme (Psi, Verdi e Area civica) e Civica e popolare rischiano seriamente di fermarsi sotto l’1%. Liberi e uguali, oscillando dal 5% al 6% a seconda della rilevazione, potrebbe diventare essenziale per una eventuale coalizione di governo, che a questo punto diventerebbe larghissima, spaziando da Forza Italia al Pd e a Leu, appunto, coinvolgendo anche i centristi di destra e di sinistra, che entreranno in Parlamento passando per lo più dalla porta dell’uninominale. Il movimento di sinistra Potere al popolo, ancora poco conosciuto dagli italiani, oscilla in alcuni sondaggi da risultati che vanno dall’1% a un più generoso 2,7%, vicinissimo alla soglia, della indagine Lorien.
Tutti risultati ipotetici, com’è ovvio trattandosi di sondaggi. Ma questa volta il grado di incertezza è maggiore rispetto ad altre tornate elettorali. Tra indecisi e astensionisti, le percentuali di chi non sa scegliere o non ha intenzione di farlo sono molto elevate. Per altro con valori sensibilmente diversi a seconda del sondaggio che si prende in considerazione. Si va infatti dal 30% previsto da Euromedia per Porta a porta al 45% stimato da Demos & Pi per Repubblica. A questo si aggiungono poi ulteriori incognite: tutte le rilevazioni hanno un margine d’errore tra il 2% e il 3%; non ci sono sondaggi sugli italiani all’estero, i quali sceglieranno 12 deputati e 6 senatori; il 2,4% di elettori (dice Tekné per Matrix) esprimerà un voto disgiunto, non sapendo che in questo modo invaliderà la scheda; le coalizioni sono molto eterogenee, e con ogni probabilità non riusciranno a tenere insieme tutti i pezzi dopo il 4 marzo.
Lo scenario post voto è dunque tra i più indefiniti, anche guardando alle proiezioni che traducono in seggi le intenzioni di voto. Sebbene il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ritenga che “l’Italia avrà un governo stabile”, nessuna delle coalizioni, tanto meno i partiti che corrono da soli, sarà in grado di esprimere una maggioranza in Parlamento. Secondo l’elaborazione dell’Istituto Piepoli per Porta a porta, il centrodestra conquisterebbe 281 seggi alla Camera (la maggioranza è 316) e 134 al Senato (maggioranza 161, considerando la presenza dei 6 senatori a vita). La pattuglia pentastellata conterebbe su 145 deputati e 72 senatori. Sarebbero 166 gli scranni del centrosinistra a Montecitorio e 92 a Palazzo Madama. Liberi e uguali, infine, otterrebbe 26 posti alla Camera e 11 al Senato.
La Lega e Fratelli d’Italia, per le loro posizioni estreme, resteranno con ogni probabilità fuori da eventuali larghe intese o governi di unità nazionale. Lo stesso destino pare segnato per i 5 Stelle. Il movimento, a differenza del passato, non ha posizioni di totale chiusura all’ipotesi di governare con altri. Tuttavia, l’intenzione di farlo sulla base del proprio programma e detenendo la guida dell’esecutivo rende difficilmente accettabile la proposta per le altre forze politiche.
La più percorribile sembra la strada delle larghe intese. Tuttavia, sommando i 129 seggi di cui è accreditata Forza Italia alla Camera con i 158 del centrosinistra e i 14 di Noi con l’Italia-Udc, ci si ferma a 301. Niente maggioranza, dunque, se non a patto di coinvolgere anche Leu, con i suoi 24 deputati. La formazione di sinistra, però, con il suo uomo di punta, il presidente del Senato Pietro Grasso, ha già fatto sapere di essere disposto a entrare in maggioranza con Forza Italia – o addirittura anche con la lega – ma solo per “un governo di scopo”, che si occupi solo di cambiare la legge elettorale per poi tornare alle urne. Anche l’ipotesi di larghissime intese non consegnerebbe quindi un governo stabile. Solo le urne diranno se, negli ultimi 15 giorni di campagna in cui non sarà possibile pubblicare sondaggi, gli equilibri saranno cambiati abbastanza da eliminare l’incertezza e dare vita a una maggioranza dopo il 4 marzo.