Roma – Il Partito democratico proporrà al Pse di organizzare delle primarie per scegliere lo spitzenkandidat socialista, il candidato alla presidenza della Commissione, alle prossime elezioni europee del 2019. Lo annuncia Piero Fassino, responsabile Esteri dem, illustrando gli aspetti europei del programma elettorale del Pd per le politiche del 4 marzo prossimo. È un modo per dare “più legittimità” alla scelta dello spitzenkandadt, argomenta l’ex sindaco di Torino. La designazione si affrancherebbe così dal “metodo interpartitico”, sistema che regola la vita delle famiglie politiche europee così come il metodo intergovernativo fa con il Consiglio europeo. È questo, secondo l’esponente dem, a bloccare lo sviluppo di “veri partiti europei”.
C’è l’ambasciatrice maltese, il suo collega slovacco e diversi funzionari delle diplomazie dei Paesi membri allo Spazio Europa, a Roma, dove la Rappresentanza della Commissione europea in Italia ha organizzato una serie di incontri con gli esponenti dei partiti candidati alle elezioni del 4 marzo, perché illustrino i loro programmi elettorali sull’Europa. Una platea di diplomatici e addetti ai lavori ai quali Fassino spiega che il prossimo governo, in caso di guida o di partecipazione del Pd, si batterà per “il mantenimento di margini di flessibilità per il deficit”, pur rimanendo “all’interno del 3% del Pil”. La filosofia è di “perseguire la riduzione del debito pubblico attraverso la crescita” economica.
Crescita che va favorita anche cambiando la governace dell’Unione, indica l’esponente dem alludendo alla creazione di un ministro delle Finanze europeo. “Siamo favorevoli”, dice, ma a patto che sia “un ministro delle Finanze e dell’Economia”, una figura che “non si occupi solo dei bilanci dei Paesi membri ma anche di sviluppo economico”. Magari contribuendo anche a “un’armonizzazione fiscale” che per Fassino è “indispensabile”. Perché “se Fiat Chrysler trasferisce la sua sede ad Amsterdam pur non spostando nessun addetto alla produzione, vuol dire che c’è un problema di ‘dumping’ fiscale all’interno dell’Ue”.
Sul fronte commerciale, la linea del Pd non cambia rispetto a quella di forte sostegno agli accordi internazionali tenuta in questi anni al governo. Trattati come il Ceta tra Ue e Canada, sulla cui ratifica sarà chiamato a pronunciarsi il prossimo Parlamento, o come quello con il Giappone o con il Mercosur, secondo l’ex-ministro del Commercio estero sono “essenziali”. Consentono di avere delle regole, indica Fassino, convinto che “avere mercati aperti senza una regolazione espone di più a rischi”, che si parli di salute, tutela dell’ambiente o qualsiasi altro settore.
L’accordo di Schengen sulla libera circolazione “sia la base per una cittadinanza europea”, dice Fassino parlando della “maggiore integrazione” che il Pd ha in mente per l’Ue. Bisogna “individuare un cammino verso un’Europa federale”, indica l’esponente dem, preoccupandosi però di chiarire: qualsiasi percorso lungo questa rotta “deve avere una struttura aperta”, per accogliere in un secondo momento i Paesi che non se la sentono di aderire subito a ulteriori condivisioni di sovranità.
In politica estera, l’Ue deve esercitare un ruolo più forte, secondo l’ex inviato dell’Unione europea in Birmania, che punta il dito contro la “politica oscillante” di Bruxelles nei confronti della Turchia. Poi invita a recuperare la passata impostazione dei rapporti con la Russia. Quella che prevedeva di accompagnare l’allargamento a Est con il primo accordo di partenariato con Mosca. Così come l’allargamento della Nato fu accompagnato dalla creazione del Consiglio Nato-Russia, “per far capire ai russi che non si trattava di politiche ostili”. A Sud, non basta più una strategia per il Mediterraneo, indica l’ex primo cittadino sabaudo. Ne serve una “afro-mediterranea, che consideri la demografia di quel continente”, e crei un reale sviluppo in grado di evitare che l’emigrazione sia l’unica risposta per i 4 miliardi di persone che popoleranno il continente in futuro.