Roma – L’obbiettivo dell’Unione europea è arrivare a 1,5 miliardi di euro di investimenti in difesa all’anno dal 2021. Lo ha indicato Federica Mogherini, alta rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue, partecipando alla presentazione del rapporto 2018 di Italiadecide, l’organizzazione presieduta dall’ex presidente della Camera, Luciano Violante.
Mogherini ha ricordato che il Fondo europeo per la difesa costituito dalla Commissione Ue stanzia 90milioni all’anno per la ricerca fino al 2019, con la previsione di arrivare salire a 500milioni a partire dal 2020. A queste risorse si aggiungono 500milioni nei prossimi due anni per lo sviluppo e l’acquisizione di tecnologie, che diventeranno “un miliardo dal 2020, con l’obbiettivo di investire in totale un miliardo e mezzo all’anno a partire dal 2021”.
“Non spetta all’Ue” dire ai Paesi membri quanto spendere, ha ammesso la vicepresidente dell’esecutivo comunitario, convinta che tocchi però all’Unione europea il compito di “ottenere il massimo, in termini di risultati, da ogni euro investito”. È questo l’obbiettivo che accomuna i tre “nuovi strumenti” che dovranno “farci fare un salto di qualità”, ha spiegato Mogherini elencando: “il Fondo europeo per la difesa”; la revisione annuale coordinata dei budget nazionali per le spese militari, definito da Mogherini “una sorta di semestre europeo della difesa”, perché ricorda la procedura con cui Bruxelles monitora i bilanci nazionali; e infine la cooperazione strutturata permanente, che con l’adesione di 25 Paesi membri ha visto scongiurati anche “i rischi di un’Europa a doppia velocità”.
Gli strumenti ci sono e “adesso devono essere sfruttati al meglio”, ha indicato l’esponente della Commissione Ue, segnalando il potenziale contributo anche nel settore delle tecnologie a uso duale. “Il confine tra ciò che è militare e ciò che è civile oggi è sempre più sottile”, ha sostenuto Mogherini, che per avallare le tesi del rapporto di Italiadecide cita l’esempio dei sistemi satellitari europei, Copernico e Galileo, nati in ambito civile ma oggi usati anche “per tracciare le rotte dei trafficanti nel deserto”, giusto per fare un esempio di “utilizzo per la sicurezza europea”.
Tradizionalmente, il passaggio di tecnologia è avvenuto dal settore militare a quello civile, ha ricordato Violante nella sua relazione introduttiva, citando l’esempio di Internet, nata dalla rete Arpanet sviluppata dagli Stati uniti per scopi di difesa. Oggi c’è “un’inversione di tendenza”, segnala però l’ex presidente della Camera. Sempre più spesso, le tecnologie diventano duali trovando applicazione militare dopo essere state create in ambito civile. Ciò avviene in primo luogo “per la grande quantità di risorse a disposizione di colossi privati, come Amazon e Google”, argomenta il presidente di Italiadecide, e in secondo luogo, prosegue, “perché l’industria militare dipende sempre più da tecnologie sviluppate in ambito civile, soprattutto quelle connesse all’elettronica, alle comunicazioni e all’informatica”.
Violante ha riconosciuto all’Ue il merito di aver avviato la cooperazione strutturata sulla difesa e di sostenere un programma ad hoc per lo sviluppo delle tecnologie duali. A suo avviso “occorre però un nuovo atteggiamento culturale” per superare la “diffidenza diffusa nei confronti della politica di difesa” comune. Diffidenze che diventano resistenze quando si tratta aprire il portafogli. È per questo che l’ex presidente di Montecitorio si è premurato di sottolineare la convenienza degli investimenti pubblici in questo ambito. Citando uno studio di Prometeia, ha indicato in 2,7 il “moltiplicatore fiscale degli investimenti in aerospazio, difesa e sicurezza”. Vuol dire che per ogni euro investito in quei settori, al fisco ne entrerebbero 2,7 di gettito. I governi investano di più dunque, è stato il suggerimento di Violante, il quale, consapevole della ristrettezza dei bilanci a disposizione, ha rivolto l’invito a “utilizzare meglio i fondi europei, Orizon2020 e i Fondi Sie”, per finanziare le tecnologie duali.