Non è una bella parola quella che usiamo, “casino”, ma è quella che meglio spiega, in tutte le sue sfumature, lo stato del negoziato per la separazione tra Unione Europea e Gran Bretagna.
Questa mattina, per l’ennesima volta, il capo negoziatore dell’Ue Michel Barnier, rispettando il suo impegno alla trasparenza, ha incontrato i giornalisti per spiegare lo stato del negoziato, e da quel che si capisce non si è fatto neanche un passo avanti.
Barnier è persona esperta, parlatore prolisso, e da mesi non fa che raccontare quanto non ci sia nulla su cui si è trovato un accordo. Qualche mese si si era passati alla “fase due” dei negoziati, perché, si disse, erano stati fatti “progressi sufficienti” nella prima fase sui tre punti fondamentali: diritti dei cittadini, accordo finanziario e confine irlandese. Era noto che fosse una pietosa bugia, detta per dare una mano al traballante governo britannico (non si poteva perdere l’interlocutore vista la ristrettezza dei tempi), per evitare un’ondata speculativa sui mercati, per dire che, tutto sommato, si andava avanti.
Oggi Barnier ci ha raccontato che in questi giorni si discute di: “evitare un ‘hard border’ tra Irlanda del Nord ed Eire”, che sui diritti dei cittadini “la Gran Bretagna ha opposto obiezioni sostanziali” alla proposta dell’Ue. Di parte finanziaria non si è più parlato, una volta che in effetti Londra ha riconosciuto che dovrà saldare alcuni conti aperti, anche se sulle cifre nessuno si sbilancia. Dunque, cosa è successo in questi mesi? A parte una grande produzione di carte nulla. Se non dimostrare che mancano regole e procedure per una separazione dall’Unione e che, anche, i negoziatori non sono in grado di raggiungere alcun risultato. Forse questa seconda cosa dipende dalla prima, forse Barnier sta davvero facendo il massimo possibile, che poi si risolve in un nulla pressoché assoluto. A Londra le idee sono parecchio confuse, nel governo non c’è intesa su come condurre i negoziati e su quali risultati tendere a raggiungere, in Parlamento ancor meno.
Insomma, non c’è intesa su nulla, e fa oramai quasi cadere le braccia l’appello di Barnier a “non perdere tempo perché non ne abbiamo”, quando ad ogni conferenza stampa non può che scalare qualche settimana dal tempo a disposizione fino al prossimo ottobre, data ritenuta ultima per avere un accordo completo, che comprende anche la fase transitoria, da sottoporre al Parlamento europeo ed anche a quello britannico così da poter fare tutto “in maniera ordinata” entro la data di separazione, il 29 marzo 2019.
Ad oggi invece si è perso tempo, o, nel migliore di casi, si è scoperto che i negoziatori attuali, per limiti loro, o per carenze normative e procedurali, o per mancate intese a livello politico, non hanno raggiunto nessun risultato e continuano a girare attorno alle questioni, ognuno con i suoi slogan di parte.
Sarà dunque un “casino”. Guardando le cose come stanno oggi il 29 marzo del 2019 non ci sarà nessun accordo, e solo vivendo si scoprirà quali rapporti saranno possibili tra Unione europea e Regno Unito. Nessuno, sino ad oggi, ha fatto un buon lavoro, ed anche mettendosi sotto con la migliore volontà già da domani non è neanche serio dire che sarà possibile regolare compiutamente, in maniera “ordinata” questa complessa separazione.