Coventry (GB) – L’ex Presidente del Consiglio Mario Monti prevede che, qualunque sarà il risultato delle elezioni del 4 Marzo, il ruolo dell’Italia nell’Ue non cambierà. Nel suo discorso al Warwick Economics Summit, conferenza studentesca annuale su tematiche internazionali di natura politica ed economica con sede all’università britannica di Warwick, l’ex Commissario europeo ha affermato che, qualunque sarà il nuovo governo, l’Italia continuerà a mantenere una posizione di leadership e collaborazione con Germania e Francia in Europa. “Mentre fino a qualche mese fa c’erano partiti che promettevano di indire un referendum sull’euro o si dichiaravano favorevoli ad un’eventuale uscita dell’Italia dalla moneta unica, ora la retorica antieuropeista si è attenuata”, ha detto. Ha motivato la questione dicendo che “indire referendum su trattati internazionali e politiche fiscali non è consentito dalla Costituzione” e che, dunque, “si trattava solo di retorica elettorale da parte di partiti che non sanno nulla di politica europea e sanno solo minacciare l’uscita dall’eurozona per ottenere condizioni più favorevoli”.
Il discorso di Monti ha anche toccato tematiche più generali sull’Ue, istituzione che ha definito come da sempre oggetto dei suoi interessi, preoccupazioni, disillusioni e sentimenti, soprattutto quando era Presidente del Consiglio. “All’epoca presagivo la disintegrazione dell’Ue perché nel Consiglio i capi di Stato sembravano sfruttare l’Europa per interessi domestici e per incrementare il consenso” ha dichiarato, aggiungendo che “quando l’Ue diventa un’arena di politiche ed interessi nazionali, le conseguenze sono populismo e nazionalismo”. Ha proseguito affermando di aver ricevuto la conferma dei suoi pronostici al momento del referendum sulla Brexit, ma ha detto “sono felice di poter dichiarare che mi sbagliavo perché da allora i capi di Stato sono diventati più responsabili e coesi, i sondaggi danno l’antieuropeismo in calo e Macron e Merkel hanno vinto le elezioni”. L’ex capo del governo italiano ha anche definito le elezioni austriache come “un punto basso nei costanti alti e bassi della politica europea” e i ritardi nella formazione del governo in Germania come “il normale risultato di una difficile trattativa che prevede la formazione della coalizione sulla base di un accordo di centinaia di pagine”.
Monti ha anche parlato, rispondendo alle domande degli studenti di Warwick, della Brexit, affermando che “è chiaro a tutti che la responsabilità maggiore va attribuita all’allora primo ministro David Cameron, il quale ha indetto il referendum non per migliorare le prospettive dell’Ue e del Regno Unito, quanto nella speranza di consolidare la propria posizione all’interno del partito conservatore”. Ha concluso dicendo che “la Brexit rappresenta una perdita sia per il Regno Unito sia per l’Ue, ma più per il Regno Unito perché, mentre l’Ue ha subito la minaccia della disintegrazione, ci ha guadagnato altrettanto in termini di maggiore coesione”. L’ex Presidente del Consiglio, sempre rispondendo ai quesiti posti dalla platea, ha sostenuto che la maggiore problematica politica ed economica dell’Ue non è più la disintegrazione, quanto la reciproca e crescente diffidenza tra i paesi del Nord e del Sud Europa, ed ora anche tra quelli dell’Europa occidentale ed orientale. “Superare questo sentimento di diffidenza è l’unico modo per migliorare la governance economica nell’Ue” ha affermato, aggiungendo che “io stesso quando ero al governo ho lavorato per questo, ma l’atmosfera era ostile perché l’allora ministro delle finanze austriaco mi disse che l’Austria ne aveva abbastanza di pagare per l’Italia”.
L’ex Presidente del Consiglio si è dichiarato scettico sulla possibilità prospettata dal presidente della Commissione Jean-Claude Juncker di annettere tutti gli stati membri all’eurozona; ha rivendicato per sé qualche merito quando ha detto che l’Italia è l’unico paese dell’Europa meridionale ad essere in procinto di uscire dalla crisi economica senza l’intervento della Troika; infine, di fronte alla prospettiva di un’Ue come Stati Uniti d’Europa, ha detto che “non possiamo e non abbiamo bisogno di diventarlo, siamo più avanzati degli Stati Uniti sotto molti punti di vista, come ad esempio il Sistema delle banche centrali e la propensione al cambiamento”.