Comunque vada, per quanto riguarda l’Unione europea, dopo le elezioni del 4 marzo i rapporti con l’Italia andranno ricostruiti.
Tutti i ragionamenti fatti oggi sull’Italia dopo il 4 marzo sono basati sui sondaggi pre-elettorali, ancora molto imprecisi, perché quando sono di carattere generale considerano le percentuali nazionali dei singoli partiti, e non i risultati nei collegi. Questo è importante, perché il sistema di voto tra maggioritario e proporzionale è nuovo e i comportamenti degli elettori non sono dunque ben conosciuti. Alte concentrazioni territoriali possono non essere utili a garantire un buon risultato complessivo.
Per quanto riguarda l’Unione europea l’unico a promettere una certa continuità nella qualità dei rapporti è il presidente del consiglio in carica Paolo Gentiloni. Una forte spinta pro europeista c’è, come dice il nome stesso, nella lista Più Europa guidata da Emma Bonino. Altre liste il cui risultato elettorale è atteso come “minore”, mostrano un atteggiamento europeista. Il grosso però delle forze politiche che si presentano alle elezioni è per lo meno fortemente critico nei confronti dell’Unione europea. Si va di chi esplicitamente critica la moneta unica, a chi lascia sullo sfondo la possibilità di un referendum per abbandonarla, da chi propone interventi sulle migrazioni unilaterali a chi lo fa sulle politiche commerciali. Per non dire del braccio di ferro all’interno della coalizione del centrodestra sul rispetto dei parametri di bilancio europei. In generale, tirando le somme, chi vuol mettere in discussione la partecipazione dell’Italia all’integrazione europea, anche solo a mantenere quella che c’è, rappresenta una larga maggioranza del quadro politico italiano.
Secondo i sondaggi non ci sarà un vincitore “parlamentare” delle prossime elezioni. Potrà esserci un vincitore politico, una forza, una coalizione, che potrà avere un risultato particolarmente brillante, o semplicemente un successo inatteso. Ma in Parlamento, alla conta dei deputati, secondo i sondaggi che ci permettono ora di fare dei ragionamenti, non ci sarà una forza o una coalizione elettorale in grado di governare da sola, con solo i propri parlamentari a sostenere il prossimo governo.
Le ipotesi di modulazioni per una maggioranza sono molte, ma comunque vada si va da una possibile maggioranza estremamente euroscettica ad una con la forte presenza di una forza euroscettica. Solo se vincesse la coalizione guidata dal Partito democratico la componete euroscettica sarebbe minoritaria, pur se proprio dal segretario del partito vengono espresse, diciamo, riserve nei confronti dell’Unione. Ma questa prospettiva di un centrosinistra che riesce a governare da solo sembra al momento esclusa da ogni sondaggista e da ogni analista.
Dunque uno dei primi appuntamenti dopo il 4 marzo sarà proprio quello con Bruxelles. Quando il prossimo parlamento si riunirà per la prima volta, il 23 marzo per l’elezione dei presidenti delle due Camere, la Francia di Macron e la sua forte proposta europeista saranno ancora più lanciati di oggi, mentre in Germania si sarà o di fronte ad una riedizione della Grande Coalizione o di fronte al baratro di incertezza di nuove elezioni. Al momento, nonostante le difficoltà manifestate dal negoziato tra Spd e Cdu-Csu, ancora si scommette su un risultato positivo. In questo caso Francia e Germania partiranno con tutta la loro energia con la realizzazione del progetto della nuova Europa lanciato da Emmanuel Macron e ben accolto da Angela Merkel. Gli appuntamenti sono già sul tavolo, guidati anche dalle importanti scadenza del prossimo anno: realizzazione della Brexit, nuove elezioni del Parlamento europeo e nomina della nuova Commissione europea.
Non ci sarà tempo da perdere e l’Italia dovrà riuscire a non farsi tagliare fuori dal futuro europeo. Roma dovrà riuscire ad essere al tavolo per non trovarsi ai margini. L’euroscetticismo sarà un problema per gli italiani, remare contro anziché partecipare ad una processo inevitabile sarà sì un peso per tutta l’Europa, che non vuole fare a meno di quella che è la terza economia dell’Unione (e della moneta unica) ma che se non troverà un governo con il quale confrontarsi non si fermerà certo per questo, ed andrà avanti comunque, trainata dal treno franco-tedesco, che se a livello europeo non vorrebbe l’Italia i margini, a livello nazionale, nel non detto, dell’Italia può fare tranquillamente a meno.
Se a Roma non ci sarà dunque un governo in grado di sedersi al tavolo, non con sudditanza, ma con capacità di proposta, e dunque di coinvolgimento di altri, insieme ad una giusta dose di difesa degli interessi nazionali (che, lo diciamo sempre, in gran parte coincidono con quelli dell’Unione tutta), per l’Italia il rischio è quello di perdere il traino di quel poco di ripresa economica che appare esserci, perché le scelte gli altri le faranno, e non è detto che necessariamente siano le migliori anche per noi.
Noi, da Eunews, nello spirito del nostro Manifesto, dal 5 marzo continueremo a vigilare.