Roma – È un’Eurozona che sta vivendo “un’espansione robusta” quella che Mario Draghi, presidente della Bce, descrive intervenendo alla plenaria di Strasburgo del Parlamento europeo. Il Pil è cresciuto del 2,5% nell’ultimo anno, a fronte di previsioni che a fine 2016 si attestavano all’1,7%. Va meglio del previsto, e anche “l’occupazione ha raggiunto i suoi livelli più alti dall’introduzione dell’euro”. Tuttavia, “non possiamo ancora cantare vittoria” sul fronte dell’inflazione, ammonisce il numero uno dell’istituto di Francoforte.
Per questo, “ci aspettiamo che i nostri tassi di interesse principali rimangano ai livelli attuali per un periodo esteso di tempo e ben oltre l’orizzonte dei nostri acquisti di titoli”, spiega Draghi. Resistendo alle spinte tedesche – la Bundesbank preme da mesi per la fine del quantitative easing e per un innalzamento dei tassi di riferimento – il presidente della Banca centrale europea conferma che il programma di acquisto di titoli sui mercati secondari proseguirà all’attuale ritmo, 30 miliardi di euro al mese, “fino alla di settembre 2018 o oltre, se necessario, e in ogni caso finché il consiglio vedrà un aggiustamento nell’andamento dell’inflazione coerente con i suoi obiettivi”, fissati per statuto Bce attorno al 2%, appunto.
Oltre che della politica monetaria, Draghi parla agli eurodeputati del problema dei crediti deteriorati (Npl, dall’acronimo inglese Non performing loans) che pesano ancora sui bilanci di alcune banche. Si tratta di uno stock che è già calato ma che “deve essere ulteriormente ridotto”, avverte Draghi, “e nuovi stock vanno evitati”. Per tanto, sono necessari “sforzi aggiuntivi di banche, supervisori, regolatori e legislatori per creare un ambiente in cui gli Npl possano essere smaltiti”.