Bruxelles – In questa intervista, apparsa su “MosaicoEuropa”, la newsletter di Unioncamere Europa, Monica Frassoni, Presidente della European Alliance to Save Energy (Eu-Ase) spiega “l’importanza strategica che ha l’efficienza energetica per crescita, occupazione e sicurezza degli approvvigionamenti”.
MosaicoEuropa – Come giudica i risultati del recente Cop 23 di Bonn?
Frassoni – La Cop è un appuntamento importante proprio per la sua regolarità, ogni anno c’è un appuntamento globale che mette tutti di fronte alle loro responsabilità: in questo caso pur se è stata una conferenza di transizione tra il lavoro fatto a Parigi e il prossimo appuntamento in Polonia, vorrei sottolineare due aspetti. Il primo è che c’è stata la conferma a continuare il sostegno finanziario per combattere i cambiamenti climatici nei paesi in via di sviluppo post 2020, pur se in misura ancora insufficiente e che continua la mobilitazione di città, imprese e società civile intorno a questo tema. Il secondo è che, considerati i trend globali di emissioni e i picchi del 2017, mi sarei aspettata più visione e ambizione politica. Chi ancora non ha capito il valore rivoluzionario dello sregolamento del clima sono proprio coloro che dovrebbero affrontarlo in primis, cioè i governi. Insomma qualcosa si muove, ma si fa ancora fatica a capire che de-carbonizzare la nostra economia e società è un’opportunità unica e indispensabile non solo per il pianeta, ma per i cittadini e per le imprese. Io ho partecipato, come Presidente della European Alliance to Save Energy, ad un evento organizzato dalla Commissione Europea per discutere del Pacchetto Energia Pulita per Tutti gli Europei, che raccoglie alcune importanti proposte di legge europee, dall’efficienza energetica, alle rinnovabili, alla governance dell’Unione per l’Energia, etc. e che dovrebbe rappresentare la risposta che la Ue dà agli impegni presi a Parigi. Noi riteniamo questo pacchetto ancora molto modesto, e siamo impegnati per migliorarlo nel corso della procedura legislativa che si dovrebbe concludere nei primi mesi del 2018. In particolare, abbiamo discusso delle proposte legislative sull’efficienza energetica che sono attualmente in fase di revisione. In quella sede ho evidenziato l’importanza strategica che ha l’efficienza energetica per crescita, occupazione e sicurezza degli approvvigionamenti.
Qual è la vision della European Alliance to Save Energy (EU-ASE) sul futuro della sostenibilità energetica?
Il nostro filo conduttore è il principio Energy Efficiency First, ovvero l’applicazione dell’idea per cui bisogna realizzare un’identificazione sistematica delle situazioni in cui è economicamente più interessante investire in efficienza energetica che fare investimenti equivalenti nella produzione di energia. In sostanza, la migliore energia è quella che non si deve produrre perché non serve. Isolare gli edifici, ridurre l’impatto dell’energia nella produzione industriale, nei trasporti e nelle città è un affare da tutti i punti di vista. Se vogliamo rispondere ai nostri impegni di Parigi, dobbiamo lasciare sottoterra l’80% degli idrocarburi. Solo riducendo i nostri bisogni in energia riusciremo a uscire dalla nostra dipendenza fossile. L’efficienza energetica deve essere posta al centro del sistema energetico europeo e deve essere sostenuta da un quadro normativo di lungo periodo che favorisca gli investimenti privati in questa area. Per le imprese che hanno fondato Eu-Ase l’efficienza energetica è un volano per la crescita e per l’occupazione non delocalizzabile (nel settore delle costruzioni per esempio) e secondo tutti gli organismi internazionali a partire dalla Iea sarà il driver principale per la de-carbonizzazione dell’economia europea al 2050. Nel medio periodo bisogna considerare anche le interrelazioni tra efficienza energetica e le rinnovabili, la digitalizzazione e la mobilità elettrica nel disegno in corso di un nuovo modello energetico.
Quali sono i punti di forza e di debolezza dell’attuale politica energetica dell’Ue?
Senza le normative su rinnovabili e riduzione delle emissioni del 2008 non ci sarebbe mai stata la svolta tecnologica dell’energia verde in Europa e forse anche nel mondo. Oggi l’Europa è incapace di tenere fede a quella grande visione. Nicchia, è preda di gruppi di interessi fossili che sono riusciti a fare passare l’idea che il carbone è ancora necessario per un po’ e che sarebbe troppo caro uscirne subito; o che il gas è “praticamente” una fonte di energia simil-verde e quindi in attesa dell’eden di un mondo senza fossili è necessario continuare a investire in infrastrutture e prolungare la “transizione”. Il punto vero però è che semplicemente riducendo i nostri consumi di energia secondo i target voluti dal PE e possibili tecnologicamente, sarebbe possibile ridurre del 40% le nostre importazioni di gas entro il 2030. E che se non si investe in ricerca e sviluppo nelle rinnovabili sprecando milioni di euro in nuovi gasdotti o rigassificatori, è evidente che la transizione sarà troppo lunga. E invece, è indispensabile, per rispettare gli accordi di Parigi che entro il 2050 la nostra economia sia totalmente de-carbonizzata. Insomma, si procede troppo lentamente e senza convinzione, non si percepisce abbastanza l’urgenza di agire, rischiando cosi di perdere la partita del mantenimento del riscaldamento globale entro 1,5° con conseguenze incalcolabili sulle nostre vite, e non solo quelle delle generazioni future.
Cosa deve fare il nostro Paese per garantire gli obiettivi concordati a livello internazionale?
In questa fase mi concentrerei sul tema dell’efficienza energetica perché è in questo ambito, data la revisione in corso della direttiva europea sull’efficienza energetica, che l’Italia ha davvero un grande ruolo da giocare. Il nostro Paese dovrebbe puntare con decisione sull’efficienza energetica per garantirsi gran parte degli obiettivi concordati a livello europeo e contestualmente ridurre la dipendenza energetica italiana e stimolare investimenti privati e pubblici, in particolare nei settori dei trasporti, dell’industria e nell’ambito delle tecnologie, dei materiali e dei servizi per l’edilizia. Per esempio, nel settore dell’edilizia, considerato che due terzi degli edifici esistenti sono stati costruiti prima del 1976, ovvero prima della prima legge sull’efficientamento energetico, il potenziale in termini di miglioramento della loro qualità energetica è enorme. Concretamente credo che l’Italia debba sostenere target di risparmio ambiziosi e vincolanti ovvero almeno 40% di risparmio al 2030 e 1.5% di risparmio annuale previsto dall’articolo 7 della direttiva sull’efficienza energetica. Bisogna smettere di pensare che target ambiziosi mettano in pericolo la crescita economica. Anzi, essi, lungi da determinare un ostacolo per la crescita, hanno ricadute positive sull’attività economica del paese e mandano un segnale positivo a investitori e consumatori. Purtroppo, la posizione negoziale dell’Italia in sede europea risente di una convinzione secondo me fallace: si dice infatti che poiché l’Italia ha un sistema economico produttivo molto più “efficiente” di altri paesi che partono da situazioni molto meno avanzate, non deve essere sottoposta a target troppo ambiziosi perché ormai il miglioramento possibile è molto costoso e relativamente poco importante. Si tratta di una osservazione che vale solo, e peraltro solo in parte, per il comparto industriale. Sicuramente non vale né per gli edifici, nonostante le regolamentazioni e i bonus, né tanto meno per i trasporti. Il sistema italiano non è efficiente in questi due settori chiave e anche per l’industria, in particolare quella piccola e media molto resta da fare. I consumatori non sono ancora motivati a spingere per case e uffici più efficienti, le banche lanciano prodotti “verdi” che non trovano abbastanza domanda. È perciò necessario un quadro normativo chiaro e di lungo periodo per indurre a un reale cambiamento.