Roma – “Non dobbiamo vergognarci di dire che di questo tipo di migrazione, che non mette in pericolo vite umane e non è totalmente incontrollata, c’è bisogno nell’Europa che invecchia e che noi vogliamo difendere”. Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni – che ieri a Davos aveva attaccato, insieme con gli altri leader europei, gli atteggiamenti di chiusura in campo economico – torna oggi a stigmatizzare chi vuole “inventarsi muri” per gestire i rapporti politici con gli altri Paesi.
È invece “la cooperazione una componente fondamentale delle relazioni internazionali di cui oggi abbiamo bisogno”, afferma il premier chiudendo la Conferenza nazionale della cooperazione allo sviluppo. Relazioni che devono essere “basate sulla stabilità, sul dialogo, sul libero commercio, sui rapporti bilaterali”.
Per sostenere i Paesi in via di sviluppo, e l’Africa in particolare, “non basta far arrivare quattrini, progetti e grandi infrastrutture”, avverte l’inquilino di Palazzo Chigi. Bisogna costruire “un tessuto sociale, mettere l’Africa in condizione di crescere con le proprie forze”. Solo riuscendo a “cambiare le prospettive delle comunità locali”, per Gentiloni, si arginerà la spinta all’emigrazione da quel continente.
Per completare questo processo, prevede però il capo dell’esecutivo, “ci vorranno anni, forse decenni”. Nel frattempo bisognerà governare i flussi migratori che continueranno a dirigersi verso l’Europa. L’obbiettivo comune, indica, deve essere quello di “trasformare flussi gestiti da network criminali in flussi sicuri, organizzati e regolari”. Non ci si può “illudere che ci sia un qualche rubinetto per chiudere i flussi migratori”, ammonisce. Al contrario, “nella civiltà europea dovrebbero esserci le condizioni per arrivare in un modo gestibile, sicuro e compatibile con la situazione dei nostri Paesi”. Anche perché, nella nostra “Europa che invecchia”, di migranti ne “abbiamo addirittura bisogno, dal punto di vista economico e culturale”.