La questione del passaporto austriaco agli altoatesini, che tanto scalpore sta suscitando fra i fanatici dell’italianità offesa, è invece la prova lampante della perdita di significato del passaporto e di quello che rappresenta. Un documento che certifica l’appartenenza a uno Stato in un momento in cui gli Stati perdono potere e consistenza.
Le statistiche lo indicano chiaramente: sempre più italiani si sentono abbandonati dallo Stato che non riesce più a proteggerli dai cambiamenti portati dall’economia globale, che fatica a garantire ai suoi cittadini una pensione e adeguati servizi di assistenza sociale, che da decenni ormai non ha più strumenti per incidere sul mercato del lavoro, che abdica davanti allo strapotere della finanza e dei colossi mondiali. La risposta del potere costituito è sempre quella: le frontiere nazionali non si toccano, gli Stati sono sacri. Ma le frontiere che li definivano non esistono più, cancellate dalla forza del mercato più che dai trattati europei. E la loro scomparsa condiziona ormai l’esistenza degli Stati stessi.
Si pensi alla Brexit e alla questione della frontiera nordirlandese che rischia di sgretolare il Regno Unito dall’interno. Il potere degli Stati si sta dileguando senza che quello dell’Unione europea riesca ancora a prendere il suo posto. Così populismi e revanscismi si appropriano del disorientamento dei cittadini e soffiano sul fuoco delle contraddizioni di costruzioni artificiali, come quella altoatesina, un territorio tutto austriaco annesso arbitrariamente all’Italia nel 1918. Una delle tante imposture del Trattato di Versailles, quello della “primavera delle nazioni”, di cui è disseminata l’Europa intera, dalle minoranze ungheresi in Romania e in Slovacchia, a quelle bulgare in Tracia, a quelle tedesche in Belgio, senza contare tutte le altre che sono state spazzate via dalle guerre, dalle epurazioni etniche, dalle migrazioni forzate e dagli scambi di popolazione.
“Dove la geografia si scontra con l’etnia è quest’ultima che deve cedere”, ha scritto Benito Mussolini. Oggi accade il contrario: l’etnia e la lingua si riprendono i loro spazi, alla faccia della geografia scavalcata dalla globalizzazione. Che senso ha dunque contestare il passaporto austriaco agli altoatesini? Anzi, che senso ha il passaporto, ormai? Di quale cittadinanza stiamo parlando quando un italiano residente in Italia ha lo stesso diritto di voto di un argentino che neppure parla italiano, non è mai stato in Italia e mai ci verrà? A rigor di logica, se l’Austria ora concede il passaporto a un cittadino italiano dell’Alto Adige o Sud Tirolo che sia, qualsiasi altro italiano residente in Alto Adige o Sud Tirolo che sia può averne diritto. Che cosa sancisce la “sudtirolità”? Forse la lingua? Delicato sostenerlo. Tutte le nostre democrazie negano ogni discriminazione di lingua e religione. Quindi anche Lomuto Calogero, residente a Bolzano/Bozen può diventare austriaco o forse lo è già senza saperlo.
Il passaporto in fin dei conti è una prevaricazione, una tassa arbitraria che lo Stato ci impone assieme all’ingiunzione di dichiarargli appartenenza e lealtà in cambio di un pezzo di carta che ci permette di viaggiare. Lo Stato non ci lascia liberi di scegliere la nostra identità: ci obbliga a comperare la sua, l’unica disponibile, un monopolio assoluto. L’antitrust qui non ha nulla da dire? Ma allora la provocazione austriaca ci apre la via alla liberazione dai passaporti, alla loro banalizzazione. Il passo successivo è il passaporto di preferenza: ogni cittadino europeo potrà scegliere di appartenere alla nazione che vuole. Queste sì che sarebbero autentiche elezioni europee! La hit parade degli Stati preferiti. Chissà in quanti vorranno essere tedeschi e con la sola richiesta di un passaporto avranno il potere di riempire la Germania di italiani o l’Italia di tedeschi a seconda dei punti di vista. Oppure potremmo cambiare passaporto ad ogni scadenza del timbro e riempire l’Europa una volta di Slovacchi e un’altra di Maltesi.
Eccola la verità: per gli altoatesini come per tutti noi, la vera liberazione non è il passaporto austriaco ma l’abolizione del passaporto.