Roma – Due prestiti concessi dal governo italiano a Ilva nel 2015 sono aiuti di Stato illegittimi, e per tanto l’Italia deve recuperare dall’acciaieria 84 milioni di euro. È la richiesta che arriva dalla Commissione europea, secondo cui l’azienda avrebbe tratto “un indebito vantaggio, grazie al quale ha potuto finanziare le proprie operazioni correnti” e non le operazioni di bonifica, ha dichiarato la commissaria al Commercio Margrethe Vestager.
La reazione del ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, non si è fatta attendere ed è di “grande soddisfazione”. L’esponente dell’esecutivo esulta non per la possibile sanzione, ma per il fatto che riguardi appena “84 milioni su un valore di oltre 2 miliardi del totale delle misure investigate”. Ammonta a tanto, infatti, l’importo complessivo dei vari fondi stanziati per Ilva a partire dal 2014, e la somma che Bruxelles richiede di recuperare “è una piccola percentuale”, ha fatto notare anche il sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, secondo il quale la decisione di oggi ha un altro aspetto positivo: “sgombera il campo da una potenziale ipoteca dell’operazione” per la cessione di Ilva.
“Grande soddisfazione”, ripete Calenda, anche per “il riconoscimento che la Commissione ha voluto esprimere sulla conduzione da parte del governo italiano del processo di gara”. Per Calenda è “una tappa significativa di un percorso lungo e complesso per garantire il futuro del più grande sito siderurgico europeo”.
Secondo la titolare dell’antitrust Ue, in effetti, la decisione adottata oggi dalla Commissione “non altera” le possibilità di vendita dell’acciaieria, sulla quale ha manifestato interesse la Am Investco Italy (Arcelor Mittal e Marcegaglia), dal momoento che “se l’Ilva viene gestita oculatamente, il suo futuro è sostenibile”.
Non sono pregiudicate, secondo Vestager, neppure le operazioni di bonifica dall’inquinamento provocato dall’acciaieria a Taranto e gli interventi per adeguare l’impianto alle norme ambientali. “Quando la Commissione ha aperto l’indagine”, ha ricordato la commissaria, “abbiamo esplicitamente dichiarato che non avrebbe intralciato o rallentato gli interventi urgenti di bonifica ambientale nell’area di Taranto”. Interventi che, anzi, “dovrebbero procedere senza ritardi”, ha auspicato.
Secondo l’esponente danese della Commissione, “la migliore garanzia di sostenibilità futura della produzione siderurgica dell’area di Taranto consiste nella cessione degli attivi dell’Ilva a condizioni di mercato”. E la procedura di vendita avviata dal governo “mostra che vi sono diversi potenziali offerenti disposti a investire nel futuro dell’azienda e ad adeguare lo stabilimento alle norme ambientali vigenti”.
La commissaria non ne ha parlato espressamente, ma è facile intuire che si auguri una rapida soluzione del muro contro muro tra il governo da un lato e la Regione Puglia con il Comune di Taranto dall’altro. Le istituzioni locali hanno fatto ricorso Tar contro il piano ambientale varato a settembre scorso. Il rischio, secondo il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, è che Ilva chiuda il 9 gennaio 2018, se i giudici amministrativi accoglieranno la richiesta di Comune e Regione. Senza contare che l’investitore si tirerebbe indietro e la cessione diventerebbe più complicata, mentre per l’Ue è di fondamentale importanza che l’azienda venga ceduta a privati, dal momento che “non può dipendere dal sostegno artificiale dello Stato”, ha concluso Vestagher.