Bruxelles – Calcoli, annotazioni, scritte. Tutto quello che si produce durante un esame è “in linea di principio” un dato personale, e per questo motivo va garantito a ciscuno l’accesso alle proprie prove sostenute. A stabilirlo la Corte di giustizia dell’Ue, in una sentenza tutta particolare su una causa sollevata in Irlanda da un cittadino che si è visto rifiutare la richiesta di visionare il lavoro prodotto in sede d’esame. Un “no” motivato dal fatto che gli elaborati non contenevano dati personali. I giudici di Lussemburgo chiariscono ora che nei test non ci sono dati personali, ma sono dati personali.
La direttiva europea del 1995 sulla tutela delle persone fisiche nel trattamento dei dati personali definisce i dati personali come “qualsiasi informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile”. Secondo la Corte, un candidato a un esame professionale è una persona fisica che può essere identificata, sia direttamente mediante il suo nome, sia indirettamente, mediante un numero d’identificazione, i quali vengono apposti sulla prova d’esame o sulla pagina di copertina di tale prova. Il fatto che la commissione d’esame possa identificare o meno il candidato al momento della correzione “è privo di rilevanza”. Quanto al contenuto dei fogli d’esame, per la Corte Ue la definizione di dati personali come “qualsiasi informazione” implica un’interpretazione estensiva della direttiva.
In sostanza la nozione di dati personali “comprende potenzialmente ogni tipo di informazioni, tanto oggettive quanto soggettive, sotto forma di pareri o di valutazioni”, a condizione che queste riguardino la persona interessata. I giudici di Lussemburgo chiariscono che il contenuto delle risposte offerte in sede d’esame riflette il livello di conoscenza e di competenza del candidato in un dato settore nonché, se del caso, i suoi processi di riflessione, il suo giudizio e il suo spirito critico. Di conseguenza le annotazioni dell’esaminatore al compito del candidato “costituiscono, proprio come le risposte fornite dal candidato durante l’esame, informazioni concernenti tale candidato”. Per questo, garantire un diritto di accesso a tali risposte e a tali annotazioni “è conforme” all’obiettivo della direttiva consistente nel garantire la tutela del diritto alla vita privata.