Bruxelles – Sui migranti il Consiglio europeo ‘sfiducia’ il suo presidente, Donal Tusk. Questi ha rimesso in discussione il meccanismo di ricollocamento dei richiedenti asilo tra Stati membri lasciando intendere che non si dovrebbe procedere oltre, e i governi per tutta risposta hanno ignorato questa linea. A spiegarlo il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, prima dell’inizio del secondo giorno di lavori del vertice dei leader europei. Si è parlato di immigrazione, ricorda, e ciò che è emerso è che “è un lavoro che dobbiamo proseguire e non si può tradurre nell’avallo della posizione di chi dice ‘non applichiamo le regole europee’”. Di fatto una bocciatura della dottrina Tusk. “Questo è stato molto chiaro nella riunione di ieri: le aperture a considerare un optional le regole sulla relocation non sono condivise dall’Unione europea”.
Resta però il problema dei Paesi Vysegrad (Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria), decisi a non farsi carico dei migranti. Su questo “non ci siamo” ancora, ammette Gentiloni. “Non siamo riusciti in questa lunga riunione a superare le resistenze che restano dei Paesi del gruppo di Vysegrad sull’obbligatorietà delle quote”. L’Italia concede tempo fino al 2018 per superare le resistenze, dopodichè potrebbe finire sul tavolo la proposta di voto a maggioranza anziché all’unanimità. Un’opzione che l’Italia non considera per ora, ma che neppure esclude. “C’è un’arma che è il voto di maggioranza, io la considero un’arma estrema”. La vicenda delle redistribuzioni dei migranti, rileva ancora Gentiloni, “purtroppo ci dimostra che non sempre le decisioni prese senza consenso poi vengono rispettate”, e questo è “inaccettabile”. Da qui alla fine del 2018 “l’Italia deve fare, e lo farà assieme alla Germania, ogni possibile sforzo per arrivare a una soluzione consensuale”. Roma e Berlino sono quindi decise ad assumere quel ruolo di leadership non mostrato da Tusk.
Gentiloni nella conferenza stampa dopo il Consiglio è tornato sul tema della riforma dell’Accordo di Dublino sull’accoglienza dei migranti bisognosi di protezione, ribadendo che “noi siamo pronti per ogni sforzo utile a trovare un’intesa. Se nel corso dell’anno registreremo che non ci sono possibilità di arrivare da nessuna parte potremmo abbandonare l’idea del consenso, e questa mi sembra la posizione anche degli altri principali Paesi membri”.
Il presidente del consiglio ha poi sottolineato che “l’immigrazione economica non sparirà, questo lo ripetiamo ai nostri colleghi. Se guardiamo alle tendenze demografiche e alla geografia sappiamo che ci saranno flussi migratori verso l’Europa nei prossimi vent’anni. Il punto è capire se noi saremo in grado di gestire questi flussi. Sui rifugiati servono regole comuni, sui migranti economici se riusciamo a gestire in modo ordinato saremo pronti ad accogliere”.
La discussione sul tema migrazione “ha confermato che proteggere il nostro territorio e fermare o almeno ridurre i flussi illegali viene prima”, ha affermato Tusk nella conferenza stampa al termine del Summit, ribadendo la linea secondo cui la gestione della dimensione esterna del fenomeno è in testa alle gerarchie. Per il presidente del Consiglio europeo questa è “la condizione principale per ristabilire un reale controllo delle frontiere e attuare una politica migratoria”.
Sulla riforma di Dublino ha sottolineato ancora che si deve procedere per consenso e non con una votazione a maggioranza che “è un metodo efficace per prendere decisioni ma non è sinonimo di solidarietà”, anzi “è l’opposto”. Per Tusk sulla riforma del diritto d’asilo “un compromesso è possibile anche se mi sembra difficile”, ha riconosciuto promettendo: “Dobbiamo fare il nostro meglio” e annunciando che del tema si discuterà nel Consiglio di marzo e si punta a raggiungere una decisione in quello di giugno.