Roma – Non ci può essere una vera Unione economica e monetaria se non si supera la frammentazione nazionale delle politiche di bilancio. Non vuol dire per forza alienarle a favore di una gestione comunitaria, ma dovrebbe quanto meno significare “armonizzare” le diverse libertà che i Trattati dell’Ue lasciano e riconoscono agli Stati membri. Ne è convinto Fabrizio Pagani, capo delle segreteria tecnica del ministro dell’Economia, che rilancia il dibattito in corso in Europa sul futuro dell’Unione europea. La gestione dei conti pubblici rimane una competenza esclusiva degli Stati membri, ricorda alla platea di How can we govern Europe?, l’evento sull’Europa organizzato da Eunews a Roma.
I governi devono rispettare le regole che si sono dati, “prime fra tutte quelle del Patto di stabilità e crescita”, ma nel farlo sono libere di decidere come spendere e quanto spendere. “Se siamo un’unione economica e monetaria, questa libertà nazionale di cui godono i governi deve essere armonizzata”, sottolinea Pagani, che invoca un orientamento comune sulle politiche di bilancio. “Si deve creare una fiscal stance europea, una posizione di bilancio che non sia una somma delle diverse posizioni nazionale, ma un’unica visione”.
Il capo della segreteria tecnica di Pier Carlo Padoan ribadisce però l’importanza di flessibilità all’interno dell’approccio comune che dovrà svilupparsi. La possibilità di modellare gli orientamenti di politica economica risponde ad esigenze pratiche. Nell’Ue e nell’Eurozona “possiamo avere Paese membri in cicli economici diversi, qualcuno in ripresa e qualcuno in recessione”, e quindi le cose da fare cambiano in ragione della diversità di situazione. E poi, ricorda Pagani, “alcune riforme non sono costo a zero”. Solo a titolo d’esempio va ricordato che “negli ultimi anni il governo italiano ha speso 800 milioni solo per la riforma dei tribunali”, interventi che dimostrano come alcune riforme “hanno bisogno di avere un sostegno della politiche di bilancio, ed è questo che intendiamo per flessibilità”.
C’è poi un altro aspetto su cui insistere. Sono tre le leve della politica economica europea fin qui: politica monetaria, politica di bilancio, riforme strutturali. “Si parla tanto di politiche fiscali e troppo poco di politiche strutturali”, rileva Pagani, che invita a correggere questo ‘squilibrio’. Quanto alle politica monetaria, questa “è stata centralizzata in un’unica istituzione, la Bce”. La politica monetaria “deve parlare alle altre sfere”, quindi ai governi. Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, continua a ripetere che a Francoforte hanno fatto tutto il possibile e adesso sono le capitale a dover fare la propria parte. Il problema qui sembra essere più di interlocutori che non ascoltano. L’armonizzazione delle libertà nazionali in politica di bilancio potrebbe anche superare il dialogo tra sordi.