L’Europa unita è soprattutto due cose: un credo ideale e una convergenza di interessi economici. Da questi due pilastri discende tutto il resto: solidarietà, scambio culturale, politica estera, unione sociale, accoglienza.
Lo slancio ideale che animò i padri fondatori è certamente fondamentale, ma è generico: condividere valori e progetti è alla base di tante associazioni create dall’uomo. È bene che ci sia, non potrebbe non esserci per avere un coinvolgimento largo nel disegno per il futuro. Ma, diciamocelo con chiarezza, la dimensione economica è quella che ha permesso alla Comunità europea di nascere e all’Unione Europea di affrontare con spalle più robuste dei suoi singoli Stati membri le sfide che si sono succedute e che succederanno.
Siamo un insieme di Stati, alcuni molto ricchi, altri solo ricchi, altri non tanto ricchi, ma tutti ben al di sopra delle medie mondiali. Per ora. Da solo, e la Brexit lo dimostrerà, nessuno di loro sarebbe più in grado di affrontare la dimensione mondiale dell’economia, dello sviluppo, della conquista o conferma del benessere. Senza il benessere, senza il lavoro, non c’è neanche democrazia, spariscono i diritti, gli ideali sono conculcati, la libertà diventa un termine quasi senza senso, se non filosofico.
La dimensione economica è dunque fondamentale. Interessa le imprese, interessa i cittadini. Certo non può esser lasciata a sé stessa, noi crediamo nel valore dell’imprescindibilità dell’aspetto sociale nelle scelte economiche, che vuol dire crescere anche per aprirsi, per arricchirsi intellettualmente, per accogliere, per consolidare vecchi diritti e costruirne di nuovi. Una crescita inclusiva nella quale le imprese trovino il loro interesse, e i cittadini il proprio, che non è solo benessere, sicurezza, ma anche spazio maggiore e più solido per la realizzazione dei propri ideali, dei propri sogni.
Questo è il progetto, che necessita di entusiasmo, trasparenza, partecipazione. Il progetto deve essere raccolto da chi sceglie di assumersi la responsabilità di mettersene alla guida, ma ha un solo modo per avere successo, oggi: deve essere condiviso. Quindi comunicato, discusso, elaborato con la partecipazione dei cittadini. Gli europei devono essere convinti che la strada sia quella giusta da percorrere e perché possano esserlo devono sentirsene parte.
Dunque basta con la comunicazione politica “nazionalista” dei leader sulle scelte fatte a Bruxelles e poi rivendute ai cittadini come “ce lo chiede l’Europa”, come se loro non ne facessero parte, come se anche loro non avessero concorso a prendere quelle decisioni. Basta con il provincialismo di un’informazione fatta con lenti nazionali su fatti che nazionali non sono più. È necessario valorizzare il portato comune anche al fine di spezzare un meccanismo decisionale ancora fortemente intergovernativo che non giova al bene comune.
La via della partecipazione richiede sei elementi:
1 Un Parlamento europeo eletto su base universale che abbia potere di iniziativa legislativa e che allarghi la sua sfera di competenze a tutte quelle tipiche dei Parlamenti nazionali, i quali pure devono poter proporre iniziative legislative di livello europeo;
2 Una Commissione europea snella, con presenze a rotazione degli Stati, garantendone ogni volta una rappresentanza per dimensioni e geografia, che possa decidere nell’interesse generale degli europei senza dover rispondere ai governi;
3 Una burocrazia forte, credibile, efficiente, selezionata con sistemi trasparenti e fortemente meritocratica, con un reclutamento svolto misurando sin dall’inizio le vere competenze, senza strumenti di limitazione di massa delle candidature;
4 Un sistema di istruzione aperto a tutti, con sostegno pubblico per i bisognosi, che punti a portare tutti i cittadini europei alla più alta formazione possibile per ciascuno;
5 In materie gestibili efficacemente solo a livello di Unione, come Sicurezza, Difesa, gestione dei Processi Migratori, Ambiente e Lotta al Climate Change, si deve subito procedere anche non tutti insieme, pronti ad accogliere gli altri che via via vorranno partecipare, come avvenuto per Schengen;
6 Una comunicazione e un sistema dell’informazione che assumano sempre più la responsabilità di una trasparente descrizione “dall’Unione” delle questioni europee.
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